Influenze dell’armonia polare nel jazz

Come detto in apertura, le teorie di Levy hanno il pregio di inquadrare diversi aspetti poco chiari della teoria musicale in una dimensione nella quale le modalità maggiori e minori sono equivalenti. Nessuna delle due è subalterna all’altra o inferiore. Sono i colori di una tavolozza musicale a disposizione, del compositore. Ciò ha ancor più rilevanza nella composizione istantanea, cioè nell’improvvisazione ed in particolare nel jazz. L’armonia jazzistica ha diversi esempi di in cui si alternano progressioni positive e negative, tuttavia ritengo poco stimolante, applicare le teorie polari per sostituire le progressioni dei comuni standard. Il ragionamento simmetrico può essere utile come stimolo alla composizione anteponendo a tutto la creatività individuale e i nuovi sentieri che l’esercizio della scrittura può dare alla musica. La valorizzazione dell’errore ha molteplici esempi sia in ambito accademico sia jazzistico: una prassi virtuosa che ha generato centinaia di capolavori musicali.

Come non dimenticare la filosofia di Monk o le testimonianze di Hancock[1] della militanza con Davis nelle quali evidenzia la capacità del leader di saper valorizzare appunto alcuni “errori” armonici del pianista?

Ben altro discorso sono le implicazioni melodiche delle teorie polari negli sviluppi melodici dell’improvvisazione. Steve Coleman all’interno del movimento M-Base ha saputo indicare alcune possibilità di sviluppo delle teorie polari di Levy collegandole alle idee ritmiche, melodiche ed armoniche di Charlie Parker. Nel suo scritto The Dozens: Steve Coleman on Charlie Parker, analizza alcune tra le composizioni ed improvvisazioni più importanti di Parker.

Charlie Parker, secondo Coleman, “non riveste il ruolo del master drummer della musica tradizionale delle società dell’Africa Occidentale, ma ha saputo tradurre la combinazione di diverse idee, passando attraverso una versione sofisticata del blues, in qualcosa che esprime la vita dal punto di vista dell’esperienza africana-americana nel XX secolo”. In questo cammino la composizione spontanea non è solo un fatto musicale ma è, parafrasando una famosa citazione di Beethoven “…a higher revelation than philosophy”. L’esperienza di Armstrong, Ellington, Monk, Parker, Von Freeman, Coltrane (le citazioni sono di Coleman) ha dimostrato al mondo intero l’importanza di tale approccio che ha diversi parallelismi nella musica europea come, ad esempio, nella scuola organistica francese (Pierre Cocherau, Marcel Duprè).

La forma e l’approccio adottato nella composizione spontanea viene sviluppato nel continuum Armstrong-Parker-Coltrane (secondo la definizione di Anthony Braxton) ancora oggi attraverso la ricerca di diversi musicisti in America e in Europa a dimostrazione della vitalità che il jazz ha in tutto il mondo.

La ricerca di Coleman si inserisce in questo continuum con una profonda consapevolezza dei paths, sentieri, percorsi da Parker ed una nuova sensibilità e conoscenza armonica, negative ideas, melodica, ritmica e, soprattutto sonora. Il jazz è innanzitutto suono, quindi è sempre in movimento.

Nell’analisi di Celebrity di Parker del 1950, Steve Coleman individua diversi nuovi concetti melodici introdotti nell’improvvisazione che non seguono sempre la struttura armonica convenzionale e le sostituzioni più note. In realtà sono dei sentieri, paths, autonomi che seguono una propria logica e conducono ad una medesima destinazione finale.

 

Celebrity è basato sulle progressioni dei rhythm changes ma già nelle prime 8 battute, dopo l’assolo di batteria, appare chiaro che Parker ha preso una nuova direzione rispetto alla griglia armonica di base.

Anticipa alcune cadenze ed introduce nuovi accordi (tra cui Db-6 che è il corrispettivo negativo di G7 nella tonalità di Bb).

L’ultimo bridge dell’assolo è ancora più spinto soprattutto in termini negativi:

La logica seguita da Parker è tutta basata sull’utilizzo degli intervalli più alti degli accordi convenzionali: Eb-6 ad esempio tocca le estensioni di Ab7 (che a sua volta è una sostituzione di tritono di D7) e precisamente la settima e l’undicesima. Lo stesso vale per G-6 > C9, C-6 > F9, mentre F-6 può essere inteso anche come G7b9.

Confrontiamo quindi le sostituzioni di Parker con gli accordi di base del bridge dei rhythm changes:

Original changes      |  Ab7 (D7b9b13)   | D7     |  D-7  | G7b9  | C9#11         | C7    |  F7   | (F7) |

Parker substitution  |  Eb-6                     | D7b9 |  D-7  |  F-6    | G-6 (maj) | G-6  |  C-6  | (F7) |

L’introduzione dell’accordo -6, che sappiamo essere una dominante negativa, conferisce alla melodia una ulteriore tensione armonica.

Si potrebbe criticare di eccessiva astrazione tale tipo di analisi.  In realtà il ragionamento di Parker, così come di tanti jazzisti ancora oggi, è molto più pratico e rapido. Arpeggiare l’accordo -6 la cui tonica sta un semitono sopra all’accordo di riferimento, significa in altre parole suonare un accordo bIX bXIII. Cioè Eb-6 (Eb Gb Bb C) altro non è che D7b9b13. Infatti Eb è la bIX, Gb (F#) è la terza maggiore, Bb è la bXIII e C è la settima naturale.  D7b9b13 inoltre può anche essere considerato, con una sostituzione di tritono, Ab9.

Questa velocità di pensiero consente di ottenere degli ottimi risultati in termini di composizione istantanea, ma ha ovviamente delle solide basi dal punto di vista armonico sebbene molti, incluso Parker, ne fossero solo parzialmente consapevoli. “Avevo realizzato che usando le note alte degli accordi come una linea melodica e con una corretta progressione armonica, potevo suonare ciò che sentivo dentro di me”: confessa Parker nel 1939 (Master of Jazz) esprimendo in poche parole il concetto di genialità, dote che senz’altro possedeva. Oggi, grazie agli strumenti analitici forniti da Ernst Levy e alle successive applicazioni di Steve Coleman, riusciamo ad avere anche una corretta interpretazione teorica che è insita proprio nella teoria polare.

Coleman sottolinea quindi che la logica con cui vengono utilizzate queste sostituzioni possono in parte seguire le regole sia dell’armonia convenzionale sia negativa ma possono portare verso nuove strade secondo la creatività del musicista.

Applica tale principio in alcuni esempi sui rhythm changes nei quali talvolta utilizza le regole dell’armonia polare a specchio altre volte segue le sue idee melodiche. Si noti che il fraseggio è perfettamente fedele a quello bop di Parker ma con altri intervalli e colori musicali.

Non è necessario che la sezione ritmica segua le nuove progressioni. Al contrario il contrasto tra le armonie convenzionali e il fraseggio “negativo”, con i suoi continui rimandi in/out, offre la sensazione di una convivenza di due mondi paralleli diversi, ma con alcuni punti di contatto offerti dagli intervalli “alti” della melodia, coerentemente con l’atteggiamento di Parker. Ad esempio l’accordo Db-6 (battuta 1), utilizzato in sostituzione di G7, tocca la bIX #IX e la tredicesima dell’accordo di base. Altri accordi, come Ab-6 (battuta 2) in sostituzione di C7, portano l’armonia più lontano (oltre a alla #IX, l’undicesima e la bXIII, contengono alcuni intervalli ancor più dissonanti come la settima maggiore. In questo caso la forza dinamica delle dominanti negative, cioè gli accordi -6, e il drive, la conduzione ritmica e tematica (battute 21,22, 23) del fraseggio, hanno il sopravvento. Nella battuta 5 troviamo un arpeggio di B-6 che può essere considerato come un E9 cioè una sostituzione di tritono di Bb7. Rispetto a tale accordo le note che compongono B-6 risultano la nona minore (Cb), la terza (D), la tredicesima minore (Gb) e la settima (Ab).  Nelle battute 21, 22, 23, 24 viene ripetuta la medesima frase basata su un circolo di quinte E-6, B-6, F#-6, cioè un circolo delle quarte in modo polare.

L’esempio di Steve Coleman è riferito al secondo chorus del video qui riportato

 

[1] Herbie Hancock, The Ethics of jazz – Norton Lectures at Harvard University – 2014

 

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