Recensioni

Claudio Angeleri 2021 – 1977
Recensioni, articoli, interviste, dischi, pubblicazioni
Reviews, articles, interviews, records, publications

Audiophile gennaio 2024 Alessandro Vero

Jazzit gennaio 2024 Luciano Vanni

Offtopic magazine

Claudio Angeleri, Concerto feat. Gianluigi Trovesi, un’idea tangibile di opera d’arte contemporanea
Francesco Cataldo Verrina, Doppio jazz 15 dic 2023

Libertà 11 dicembre 2023Pietro Corvi Musica da guardare con le orecchie, che sollecita la fantasia…

Musica Jazz novembre 2023
Curato con grande attenzione ai dettagli, l’ultimo lavoro di Angeleri è anche una riflessione sulla capacità della musica di disegnare un ritratto, riassumere una biografia, riecheggiare gli aspetti essenziali di un carattere. Registrate dal vivo all’Auditorium Modernissimo di Nembro in occasione di Bergamo Brescia Capitale della Cultura 2023, le otto tracce di “Concerto” omaggiano alcune figure storiche che in modi diversi hanno dato lustro alla terra lombarda: si va da Torquato Tasso a Caravaggio, da Gaetano Donizetti ad Arturo Benedetti Michelangeli, dal matematico Niccolò Tartaglia all’architetto Giacomo Quarenghi. In linea con la vastità delle influenze di Angeleri questo parterre de rois viene evocato con una musica ricca ed eterogenea, ben al di là di quello che ci si aspetterebbe da un’occasione “ufficiale”. La sensazione complessiva è quella di contemplare un affresco dipinto con tante influenze diverse – jazz e classica contemporanea, gospel e blues, musica corale e spigolature etniche – senza rinchiudersi in un’unica idea compositiva, mentre ogni singolo brano è architettato con rigore e inserito nello schema di una solida scrittura. Se il disco ha una caratteristica comune è quella del riuscito dialogo tra gli strumenti, in una varietà di connessioni che crea soluzioni sempre diverse e affascinanti, coinvolgendo il The Golden Guys Choir e la voce di Paola Milzani. Particolarmente assortita è l’interazione tra i tre fiati – cui si aggiunge Lecchi su Ritratti– che offre una scintillante varietà di stili, timbri e dinamiche e in un contesto sempre brillante e creativo. Ne solo validi esempi Armida, che nei fitti scambi tra Visibelli e Comeglio si richiama i mille rivoli narrativi della letteratura tassiana, o l’intreccio tradizionalmente swing di Ermitage, o ancora la sequenza più canonica ma incendiaria di Roots. Tra i brani in cui il ritratto diversi “dedicatari” sembra più riuscito vanno invece citate l’iniziale Il triangolo di Tartaglia, spigolosa ma rigorosamente consequenziale come un teorema matematico, e Light and dark, omaggio al chiaroscuro caravaggesco.  Nella prima il tema monkiano lascia spazio al dialogo sempre più destabilizzante – si direbbe sull’orlo della follia di un ragionamento che non torna – tra piano e sax e poi tra flauto e clarinetto, richiamati all’ordine da un marcato ritmo jazz-rock. In Light and dark, illuminata dalla sofisticata voce di Paola Milzani, tocca invece a Trovesi richiamare luci e ombre del grande artista bergamasco, tra melodie sinuose e sottolineature folcloristiche. A far da collante c’è il pianoforte di Angeleri, autore di sette su otto brani, sempre in bilico tra uno swing lussureggiante   e una elegante e luminosa cantabilità.
Pietro Cozzi, Musica Jazz novembre 2023

Eppen 22 maggio 2022
Il suono cangiante ed evocativo de «Le Città Invisibili»
INTERVISTA. Rendere in musica l’immaginifico viaggio ideato da Italo Calvino nel suo «Le Città Invisibili»: un progetto tanto ambizioso quanto affascinante. Ci ha provato Claudio Angeleri, compositore, pianista e docente bergamasco tra i nomi più illustri e rispettati del mondo jazz italiano. Ma anche architetto. Il concerto dal festival «Le Primavere» sabato 28 maggio 2022 alle 21 su Bergamo TV (canale 15 digitale terrestre). LINK

 

La Provincia 4 maggio 2022

La Provincia 4 maggio 2022

Ayroldi, Musica Jazz Febbraio 2022

Claudio Angeleri – “Music from the Castle of Crossed Destinies” – Dodicilune
Conosco e apprezzo oramai da molti anni Claudio Angeleri e non credo di sbagliare di molto se affermo che questo album è uno dei migliori che il pianista bergamasco abbia prodotto nel corso della sua oramai lunga carriera. A coadiuvarlo in questa ennesima fatica un gruppo di eccellenti musicisti: Giulio Visibelli (sax soprano, flauto), Paola Milzani (voce), Virginia Sutera (violino), Michele Gentilini (chitarra elettrica), Marco Esposito (basso elettrico), Luca Bongiovanni (batteria, percussioni) e, nel brano “Two or three stories”, Gabriele Comeglio (sax alto). Oltre al celebrato “Round about Midnight” di Monk, l’album consta di otto composizioni dello stesso Angeleri liberamente tratti dal breve romanzo fantastico “Il castello dei destini incrociati” di Italo Calvino. “L’idea di realizzare un nuovo progetto intorno alla letteratura di Italo Calvino – afferma lo stesso Angeleri – scaturisce da un invito del MIT Jazz Festival di Musica Oggi al Piccolo Teatro di Milano nello scorso novembre 2019. Lo spettacolo è stato poi replicato a gennaio al Blue Note, per essere messo in scena a luglio alla rassegna che ha significato la ripresa dal vivo dopo il lockdown a Bergamo”. E di certo bisogna avere una fervida immaginazione e soprattutto molto coraggio per trasporre in musica la scrittura non facile e mai banale di Italo Calvino. Di qui una musica ricca di colori in cui non sempre è facile distinguere le parti improvvisate da quelle scritte. Una musica in cui i vari strumenti diventano essi stessi voci narranti sì da rappresentare, – spiega ancora Angeleri – “per il loro carattere sonoro specifici personaggi”. Come si evince da queste poche note un compito davvero difficile che solo un musicista maturo, perfettamente consapevole dei propri mezzi espressivi, in possesso di una solida preparazione non solo come strumentista, poteva pensare di intraprendere e di traghettare alla meta con successo. Gerlando Gatto A proposito di Jazz 16 luglio 2021

Claudio Angeleri – “Music from the Castle of Crossed Destinies” – Dodicilune
Claudio Angeleri prosegue nella rilettura delle opere “musicate” di Italo Calvino. Dopo “Le città invisibili”, ha costruito in otto brani il romanzo Il castello dei destini incrociati. Il rapporto con lo scrittore è stretto, nel senso che Angeleri riesce a riprodurre i fantastici mondi di Calvino in una musica ricca di colori e suggestioni metafisiche. È bravo nel rendere “semplici” e fruibili i nodi narrativi di Calvino attraverso i suoni dei singoli strumenti che diventano essi stessi voci narranti. Tra partiture scritte e momenti improvvisati, Improvisation#4, la musica scorre fluida, crea immagini e costruisce mondi che si chiamano The knight, The castle, Wood o, semplicisticamente e poeticamente, Lovers. Bello e immaginifico! Flavio Caprera Jazz Convention 16 giugno 2021

Eco di Bergamo 13 Luglio 2020

Ayroldi Musica Jazz, settembre 2019

«Blues Is More», ovvero come intrecciare gli arbusti della belle époque del jazz con fronde giovani e vigorose. Angeleri ci riesce magistralmente, sciorinando subito un vocabolario modern (Seascape), al quale fa da contraltare un blues stile Dixieland con fiati di Comeglio, Andreoli a far da contorno a un assolo pianistico che mette insieme mainstream e stride in souplesse. L’idea di immergere strutture nuove in percorsi appartenenti alla storia del jazz trova una nuova allocazione perché Angeleri tratta la materia con estremo rispetto, ma anche con giusta spavalderia, come accade in Paths, dove le venature Latin, l’occhieggiare del cinquillo vengono dribblate dalle rasoiate del moderno dialogare orchestrale del gruppo. Sette brani portano il sigillo di Angeleri e seguono tutti questo tracciato. Poi si accasano benissimo Dance Of The Infidels di Bud Powell, che mette in mostra tutta l’elegante bravura del pianista bergamasco (non mero emulatore, ma intelligentemente originale); New World A-Comin’ di Duke Ellington, qui eseguita solitariamente dal leader con impeto classico novecentesco; e chiude la terna Monk’s Dream, raffinata nel suo arrangiamento retrò e con l’agogica voce della Milzani a tirare le fila Alceste Ayroldi Musica Jazz, settembre 2019

CLAUDIO ANGELERI “Blue is More” Dodicilune Ed417, CD. 2019 Consentiteci, innanzitutto, di formulare le nostre più vive congratulazioni a Claudio Angeleri che con questo “Blues Is More” firma il suo ventesimo album da leader. Per l’occasione il pianista e compositore bergamasco presenta al suo fianco una batteria di straordinari musicisti: il sassofonista Gabriele Comeglio, attivo sia nel jazz (Yellow Jackets, Randy Brecker e Lee Konitz) sia nel pop (Mina, Battiato e Lucio Dalla); il bassista Marco Esposito, già sodale di Angeleri in diverse occasioni nonché collaboratore tra gli altri di Gianluigi Trovesi, Franco Ambrosetti, Bob Mintzer; il trombonista Andrea Andreoli, attivo con la WDR Orchestra insieme a Bill Lawrence (Snarky Puppy) e Bob Mintzer; il batterista e percussionista Luca Bongiovanni, presente in alcune edizioni di Bergamo Jazz e Iseo Jazz. Ospiti anche la cantante Paola Milzani (in “Monk’s dream”), e il flautista Giulio Visibelli (“Paths”). In repertorio tre riletture di standard, “Dance of the infidels” di Bud Powell, “A new world a comin” di Duke Ellington e “Monk’s dream” di Thelonious Monk e Jon Hendricks, cui si affiancano sette composizioni originali del pianista che vanta una lunga e prestigiosa carriera testimoniata oltre dai già citati album da prestigiose collaborazioni con artisti del calibro di Charlie Mariano, Bob Mintzer, Franco Ambrosetti, Gianluigi Trovesi. Ciò detto bisogna ancora una volta sottolineare come il pianismo di Angeleri, seppur nell’ambito di un moderno mainstream, riesca ad essere allo stesso tempo moderno e originale. Il suo linguaggio è creativo, intelligente, spesso trascinante, corroborato da tanti anni di studio, dai molti album cui prima si faceva riferimento e dall’aver calcato con successo molti e molti palcoscenici. Così’ nel suo pianismo ritroviamo echi di blues (naturalmente), di modale, di musica contemporanea, di funky…il tutto omogeneizzato sì da renderlo un unicum di assoluta originalità. Senza trascurare quella capacità di scrittura che difficilmente rende riconoscibile la pagina scritta dalle improvvisazioni: al riguardo si ascolti con attenzione il basso di Marco Esposito nella title track sax di Gabriele Comeglio in “Paths” e la splendida voce della Milzani in “Monk’s dream”.. per non parlare dei due splendidi piano solo, “la ellingtoniana “A new world is coming” e l’originale “Dixie” che chiude l’album. Gerlando Gatto – A proposito di jazz  – aprile 2019

CLAUDIO ANGELERI “Blue is More” Dodicilune Ed417, CD. 2019  Leggi la scaletta sulla copertina e noti che ci sono tre fari, tre punti fermi che illuminano e delimitano il jazz scritto e suonato dal pianista Claudio Angeleri per questo suo “Blue is More”: Bud Powell, Duke Ellington e Thelonious Monk, tre nomi per farsi un’idea della musica contenuta in questo bel lavoro prodotto dalla Dodicilune, uno dei primi di questo 2019. Poi lo ascolti e scopri che non si tratta solamente di un omaggio calligrafico al genio dei tre colleghi pianisti, ma c’è molto di più: il talento compositivo, la sensibilità dello strumentista, gli arrangiamenti che non cadono mai nel già sentito pur rimanendo nel fiume del main stream, c’è l’accurata scelta dei musicisti che non si fermano al ruolo di sidemen ma contribuiscono in modo efficace alla musica proposta: Gabriele Comeglio ai sassofoni, Andrea Andreoli al trombone, Marco Esposito al basso elettrico, Luca Bongiovanni alla batteria e due ospiti, la cantante Paola Milzani nell’efficacissima interpretazione di uno dei più significativi brani del repertorio di Monk (“Monk’s Dream”) nel quale, dopo il solo di trombone, “suona” in modo del tutto originale la parte dell’Hammond di Larry Young nella sua versione del brano degli anni sessanta (se non vado errato nell’album “Unity” del ’66) ed il flauto di Giulio Visibelli in “Paths”, composizione originale di Angeleri. “Profumo monkiano” anche nella scrittura di Angeleri “Blues is More” dove il tema è introdotto da Bongiovanni ed al quale seguono i soli di Comeglio ed a seguire di Angeleri, ed interessante la rilettura del brano di Bud Powell “Dance of the Infidels”, eseguita in trio che esplicita tutta la ricerca ritmica e timbrica di Angeleri e l’inusuale quanto efficace utilizzo del basso elettrico in un brano di Powell. Infine non posso non consigliare la ellingtoniana “A new world is coming” e l’originale “Dixie” entrambe al piano solo, che – mi sembra di poter dire – racchiudano la storia musicale di Claudio Angeleri.   Alessandro Nobis per ildiapasonblog.wordpress.com – aprile 2019

JazzBluesNews.Space Interview with Claudio Angeleri: An Italian saying says that the heart is above the belly and above the heart there is the head, that is the thought link  Simon Sargsyan JazzBluesNews.Space – 23 marzo 2019

Nell’album Blues Is More (Dodicilune) il pianista Claudio Angeleri, uno dei jazzisti italiani più in vista, si avvale di un gruppo ben assortito di musicisti nell’accompagnarlo ovvero il sassofonista Gabriele Comeglio, il trombonista Andrea Andreoli, il bassista Marco Esposito, il batterista Luca Bongiovanni con ospiti del 5et la vocalist Paola Milzani e il flautista Giulio Visibelli. Anche indovinata si presenta la scelta dei pezzi, sia quelli di Ellington, Powell e Monk che gli altri, a propria firma, dai quali si evidenziano rodate attitudini compositive ed una vena ispirativa non comune. Ma il disco ha una caratteristica che lo rende se non unico (in Italia) almeno particolare: rappresenta un primo step di ricerche sulle teorie musicali del musicologo svizzero naturalizzato americano Ernst Levy. Un pensiero che affonda le radici in Zarlino e che ha influenzato Steve Coleman con il M-Base Movement oltre agli stessi Herbie Hancock e Jacob Collier; e vanta proseliti anche in altre aree, vedasi, per esempio, il flamenco del chitarrista Ruben Diaz. Al centro sta il concetto di Armonia Negativa. Senza entrare in tecnicismi, l’idea è armonizzare tramite intervalli inversi, lavorare su accordi rovesciati, per esempio sovrapponendo a un do maggiore un fa minore, quasi visti allo specchio (Mirror Harmony) con risultati che non danno luogo a dissonanze o consonanze convenzionali comunque a simmetrie che producono colore, sospensione, fors’anche un effetto straniante all’esecuzione.  Ma la “Negative Harmony” può interessare il musicista non l’ascoltatore appassionato di jazz il quale va peraltro rassicurato sulla piena godibilitá della musica in questione. Poichè, al di lá dei teoremi tecnici, in questa musica, rimane un piacevole sostrato blues, anzi Blues Is More. Amedeo Furfaro –  Il Corriere del Sud 14 marzo 2019

Jazzitalia – 10 maggio 2017 – Musicista attivo da lungo tempo, con un’ampia discografia e numerosi progetti, docente, Claudio Angeleri, è qui alla sua ultima fatica discografica, che lo vede in quartetto, insieme al noto sax alto di Gabriele Comeglio e a una ritmica costituita dai veterani Marco Esposito al basso e Vittorio Marinoni alla batteria. I quattro si cimentano con cinque composizioni originali del leader, mentre Angeleri riserva solo per sé la shorteriana Nefertiti, in una versione aerea e astratta. La qualità compositiva è notevole, così la qualità esecutiva e il fraseggio del pianista, limpido, comunicativo ed efficacissimo. L’opuscoletto allegato al cd contiene delle utili analisi dei singoli brani, che rendono il cd estremamente utile ai fini didattici. Si va dunque da una composizione dedicata alla prima delle Gymnopedie di Satie, dalla complessa struttura compositiva, a Trane Mambo, risalente al 1995, dalla forma aperta e in divenire, a Wide, sorta di esercizio di stile compositivo, alla monkiana Pannonica, affidata alla voce di Paola Milzani. Concludono il disco Changel, che lascia spazio anche a un assolo di basso, e la ritmica 2+2+8-5=7, in parte in 7/4. In tutti i brani assolo asciutti e calibrati, e ritmica ineccepibile. Rimane amarezza nel constatare che questo bel cd è frutto di autoproduzione, e dunque non potrà che avere una distribuzione limitata. Vincenzo Fugaldi per Jazzitalia – 10 maggio 2017

Musica Jazz – gennaio 2017 – Anzitutto, è sempre un piacere quando un musicista scrive le note di copertina del suo disco non per fare filosofia ma per metterci a parte analiticamente della creazione dei brani. Angeleri lo fa attraverso schede nelle quali la concisione va di pari passo con l’approfondimento, cosa che del resto si può dire della musica che ci propone nella sua ultima fatica. Si tratta di musica che non è difficile definire attuale, anche se fa parte di un vissuto artistico che ha metabolizzato alcuni punti fermi: da Satie del travolgente Gymnosatie, collocato in apertura dell’album, al Wayne Shorter di Nefertiti fino alla metrica mutuata dell’Africa in Wide (il leader lavora molto sulle scansioni insolite). C’è anche Monk, col tempo diventato l’imprescindibile figura gigantesca del Jazz moderno: Angeleri ne ha ripreso Pannonica rivoltandola come un guanto: qui si sviluppa in tre quarti anzichè in quattro quarti e prevede una parte vocale affidata a Paola Milzani (la cantante è presente solamente in questo pezzo). Il gruppo ha una carica notevole e, lanciato da un Angeleri di potenza tyneriana, swinga a dovere. Giuseppe Piacentino -Musica Jazz – gennaio 2017 

Claudio Angeleri da Bergamo è personaggio noto e poliedrico nell’ ambito jazzistico, essendo pianista apprezzato sin dagli anni settanta. Col tempo matura esperienze importanti in campo nazionale ed scuole di musica attive nel jazz più longeve, avendo come anno di fondazione il 1987, e rappresentative fra quelle che operano in Italia.
In questa sede analizziamo la sua ultima fatica discografica, incisa nello scorso mese di marzo con il suo storico e abituale quartetto che vede, oltre ad Angeleri al pianoforte, Gabriele Comeglio al sax alto, Marco Esposito al basso elettrico, Vittorio Marinoni alla batteria e la voce di Paola Milzani in un solo episodio
Ho ascoltato questa opera diverse volte prima di scriverne e ogni volta mi si sono rafforzate le impressioni che ho avuto sin dal primo approccio. Siamo in presenza di musica che deriva da una seria e ponderata progettualità, molto strutturata, sia dal punto di vista compositivo che ritmico. Troviamo due brani di altri compositori, il shorteriano “Nefertiti” in piano solo ed il monkiano “Pannonica” che vede l’aggiunta di cinque originali tutti della penna del leader, ed è proprio in loro che si trovano gli spunti più interessanti, senza nulla togliere agli altri.
Vi ho trovato un approccio ritmico molto interessante e che coinvolge anche la scrittura dei temi, non solo il loro svolgimento. Ognuno dei pezzi originali ha una identità molto marcata e sempre diversa ed è basato su ritmi e scansioni diverse che non trascurano quasi nulla sotto il profilo delle possibilità ritmiche.
Dal brano in tre quarti a quello in sette quarti, attraverso quelli che contengono più scansioni al proprio interno, ciascuno con la propria peculiarità, sin dall’esposizione del tema è un fiorire di alternanze e variazioni originali.  Musica varia e che, dunque, non stanca perché non si ripete e nella quale si possono cogliere echi di elementi europei diversi, ben integrati e coerenti con la proposta. Si può ascoltare, inoltre, un gruppo molto compatto in cui ognuno svolge al meglio il proprio ruolo senza invadenze da parte di alcuno.
Altra ottima prova di maturità da parte di musicisti italiani  VALUTAZIONE: * * * * Francesco Barresi – Tracce di jazz  –

“ Why?” Claudio Angeleri Pianista, compositore, didatta, il musicista bergamasco si ripresenta al suo pubblico con questo eccellente album registrato nel marzo del 2016 assieme al suo storico quartetto (Gabriele Comeglio al sax alto, Marco Esposito al basso, Vittorio Marinoni alla batteria) con l’aggiunta della vocalist Paola Milzani in “Pannonica”. In repertorio cinque original dello stesso pianista e due standard, il già citato “Pannonica” di Thelonious Monk e “Nefertiti” di Wayne Shorter. Angeleri vanta una vasta discografia ( ben sedici album a proprio nome ) in cui ha dimostrato di conoscere bene tutta la storia del jazz, dalla tradizione – Monk, Ellington – alla sperimentazione più ardita, collaborando con musicisti di assoluto livello quali, tanto per citare qualche nome, Bob Mintzer, Charlie Mariano, Mike Richmond… Come accennato, quest’ultimo album si basa, prevalentemente, su composizioni di Angeleri ad evidenziare questo aspetto della sua poliedrica personalità. E il risultato è ancora una volta pari alle aspettative: tutti i pezzi sono ben congegnati, ben equilibrati tra composizione e improvvisazione, caratterizzati dalla ricerca melodica che da sempre connota la scrittura di Claudio e da quella profonda cultura musicale cui si accennava in precedenza. Così, il brano d’apertura , “Gymnosatie” è chiaramente ispirato dalla “Gymnopedie” n.1 di Erik Satie mentre “Trane Mambo” è stato scritto nel 1995 e , come afferma lo stesso Angeleri, nel corso degli anni “si è trasformato con il contributo di tutti e quattro i musicisti nelle numerose esecuzioni live” . Se ad assumere preminenza è l’aspetto compositivo del leader, lo stesso non dimentica di essere pianista di spessore: lo si ascolti in “Nefertiti” affrontato in splendida solitudine. Gerlando Gatto – A proposito di Jazz 31/10/2016

“ Why?” Claudio Angeleri Menzione speciale merita questo “Why?” del pianista Claudio Angeleri, che per l’evenienza ha riunito, in quartetto, alcuni musicisti suoi sodali da anni; l’altosassofonista Gabriele Comeglio (che in ogni brano dà prova di consumata maestria), il bassista Marco Esposito, e il batterista Vittorio Marinoni. Angeleri prosegue la sua ricerca volta ad affinare certe soluzioni e certe architetture a cui da tempo sta lavorando per definire un linguaggio personale nell’ambito del modern mainstream. I setti brani compresi nell’album confermano la riuscita di questa di questa ricerca, che gli fa usare forme inconsuete, divisioni polimetriche, ricche armonizzazioni, alternanze dei sistemi modali e tonali (anche in uno stesso brano) e un eloquio solistico limpidamente strutturato. Oltre che di McCoy Tyner e George Shearing, ci sono anche diversi influssi, della musica colta occidentale e della cantabilità tipica italiana (operistica). Il primo brano Gymnosatie, come dice lo stesso titolo, è per esempio ispirato a una delle Gymnopedie di Erik Satie; “Nefertiti” di Wayne Shorter, è invece nato spontaneo da un inizio in assolo completamente libero; Pannonica, di Thelonious MOnk, è eseguito in tre quarti, smussato negli spigoli più vivi e cantato dalla brava Paola Milzani; “Wide” è un quattro quarti dalla complicata scomposizione ritmica; 2+2+8-5=7 è in sette quarti, diviso in diverse sezioni. Ma tutte queste complicazioni, all’ascolto, non sembrano esistere: tutto fila liscio e chiaro, con estrema  fluidità. Audio Review luglio 2016 – Aldo Gianolio

Intervista a Claudio Angeleri in occasione del concerto del 21 gennaio 2007

Claudio Angeleri ci ha abituato ad una varietà propositiva notevole, spesso estrinsecata in opere discografiche basate proprio sull’avvicendarsi di formazioni ed atmosfere cangianti di brano in brano, ritagliandosi spesso degli episodi “solitari”. Così fu per alcuni dei lavori più interessanti del pianista bergamasco, come Pin Up (1994), Jazz Files (1996), From Be To Pops (2002, aperto e chiuso, per l’appunto, da assoli pianistici), Monk Keys (2002) e così accade anche in questa raccolta, che alterna brani incisi in studio (tra l’agosto 2006 e il marzo 2007) e performance dal vivo (settembre 2006, gennaio/febbraio 2007), assortendo cinque soli pianistici, tre composizioni con sovraincisioni di tastiere (due delle quali con Gabriele Comeglio all’altosax), un duetto tra Angeleri e la cantante Paola Milzani, episodi in quartetto (con il californiano Rob Sudduth al sax tenore, Marco Esposito al basso elettrico e Tony Arco alla batteria), in sestetto (con la Milzani, Franco Ambrosetti alla tromba, Esposito, Mauro Beggio alla batteria e lo svizzero/argentino Michael Zisman al bandoneon) e in ottetto (con Milzani, Ambrosetti, Comeglio, Esposito, Arco, Bob Mintzer al sax tenore e Giulio Visibelli al sax soprano). La varietà del programma rende assai godibile il tutto, ma è da sottolineare la finezza compositiva e strumentale del leader, che padroneggia fluidamente anche gli incontri con ospiti illustri come Ambrosetti e Mintzer, coi quali l’intesa è cementata da passate collaborazioni (sono rispettivamente al quarto e al terzo disco incisi con Angeleri): da segnalare i tre brani Alfonsina, Alfonsina y el mar e Poemas de amor, tratti dallo spettacolo Alfonsina vestita di mare, dedicato alla grande poetessa svizzero/argentina Alfonsina Storni. –  Suono ottobre 2007 – Recensione del CD Invenzioni a più voci di Maurizio Favot 

Le voci di questo disco non sono soltanto quelle dei numerosi ospiti, ma anche quelle dello stesso Angeleri, che si cimenta con una notevole varietà di situazioni musicali diverse. Il disco deriva da parecchie sedute di registrazione (sei o sette, alcune live altre in studio, incise nell’arco di circa sei mesi), ognuno con un organico differente, che disegnano un quadro articolato del mondo espressivo di Angeleri. II primo tema, ad esempio, La città sottile viene presentata prima in piano solo e poi in ottetto, due registrazioni sono in duo con Comeglio, una in duo con Paola Milzani, altre in quartetto o in sestetto. Anche le atmosfere variano da quelle rarefatte di Prelude, Blue In Green a quelle scure, quasi tristaniane di Freebop (con Angeleri che si sovraincide due o tre volte), dal ritmo hip-hop di Bud Not For me all’hardbop di Toko-san fino al divertente Affari In grande, per sintetizzatore e batteria campionata, ispirato a una comica di Stanlio e Ollio. Tutte tracce riuscitissime: ci place segnalare il conclusivo Alfonsina y el mar, struggente canzone argentina, qui incisa in duo con la voce scura, quasi alla Mercedes Sosa, di Paola Milzani. –  Jazzit Settembre/Ottobre 2007, recensione del CD Invenzioni a più voci di Sergio Pasquandrea

Il nuovo lavoro di Claudio Angeleri è un incontro in varie sessioni, tra live e registrazioni in studio, con vari jazzisti della scena italiana e non. Le voci che fanno riferimento al titolo portano nomi di primo piano come Franco Ambrosetti alla tromba, Bob Mintzer e Rob Sudduth al tenore, Mauro Beggio alle percussioni, Paola Milzani alla voce. L’album tuttavia si apre con un intro di piano solo di un brano dello stesso Angeleri, La città sottile, che si sviluppa con un bell’ assolo tirato di Mintzer al sax tenore fino all’esposizione collettiva finale del tema.
L’idea di invenzioni a più voci torna anche nel successivo piano solo di Freebop, dove il beat e il contrappunto tra le due mani rappresentano i due elementi base dell’improvvisazione. In Bud not for me, non inganni il titolo di gershwiniana memoria, e in Prelude, il pianista bergamasco, impegnato anche all’organo Hammond e al basso elettrico, duetta con il sax di Gabriele Comegli, proseguendo con un brano dal sapore argentino, Poemas de amor, tratto dallo spettacolo di teatro dedicato alla poetessa Alfonsina Storni: dopo l’introduzione iniziale di solo piano, il tema viene esposto dalla voce di Paola Milzani con l’assolo centrale affidato alla tromba di Franco Ambrosetti. Dallo stesso spettacolo, Alfonsina vestita di mare, sono tratti Alfonsina, in quartetto con il tenorista californiano Rob Sudduth, e Alfonsina Y el mar, una sorta di inno popolare in Argentina. A Monk, al quale aveva già dedicato l’album orchestrale Monk Keys, e Bill Evans gli omaggi in piano solo che Angeleri rende attraverso un’interessante rilettura di Ruby My Dear e Blue In Green.
Invenzioni a più voci racchiude perfettamente i diversi aspetti della musica di Angeleri, autore e arrangiatore di nove dei 13 brani dell’album, perfettamente a suo agio nei vari contesti in cui si viene a trovare, aiutato e supportato via via sapientemente dai suoi ottimi compagni di viaggio, in un lavoro sicuramente riuscito e ispirato.  di Luca Labrini • Jazz Convention, Settembre 2007

Angeleri ha presentato in prima esecuzione una serie di composizioni ispirate alle Città Invisibili descritte da Italo Calvino in un libro fra i più espressivi della sua poetica. Il compositore, dimettendo preoccupazioni drammaturgiche o mimetiche, ha saputo cogliere con un gesto musicale semplice e apparentemente spontaneo le qualità di scrittura di quel libro e in particolare quella, calviniana per eccellenza, della leggerezza, restituendo la geografia immaginaria com’è nell’originale: a un tempo precisa e svagata, secondo uno speciale «postmoderno» che di quella corrente esclude però l’ironia e il cinismo. La rodata Orchestra Tascabile comprendeva, oltre al direttore al pianoforte, la cantante Paola Milzani, i sassofonisti-flautisti Gabriele Comeglio e Giulio Visibelli, il bassista elettrico Marco Esposito e Stefano Bagnoli alla batteria; solista ospite, ma strutturalmente bene integrato nel progetto, Franco Ambrosetti alla tromba (il disco, appena registrato, presenta anche Bob Mintzer al sax tenore). Gli attori Oreste Castagna e Silli Togni hanno letto brani brevi e sagacemente selezionati con una recitazione intonata sorprendentemente buona, che Castagna ha modificato anche con l’elettronica: l’integrazione di parola e musica, di norma problematica, è stato qui punto forte dell’esibizione. Integrazione favorita dalla natura delle composizioni di Angeleri, trasparenti nelle trame e armonicamente semplici ma ingegnose nella varietà dei procedimenti, dal tre quarti cullante di Bauciaì nove quarti sottilmente allarmato del misolidio La città continua al blues di Eutropia. Eccellenti tutti i solisti, con Ambrosetti in luce particolare, e una lode speciale a Paola Milzani, esecutrice impeccabile di parti non facili e poco appariscenti. – Marco Bertoli, Musica Jazz ottobre 2004 Sondrio 9 Luglio, Giardini Sassi, Orchestra Tascabile di Claudio Angeleri

La musica nella voce, uno spettacolo ispirato a Italo Calvino apre la stagione allo StudioFoceSi chiama “Musiche dalle città invisibili” lo spettacolo che inaugura la stagione al Nuovostudiofoce di Lugano, ispirato al libro di Italo Calvino Le città invisibili, un viaggio da Venezia fino all’Estremo Oriente attraversando 55 città immaginarie, a metà strada fra realtà e fantasia. Un viaggio fatto anche di parole – le parole di Calvino rielaborate da Mario Bertasa – ma soprattutto di musica originale di Claudio Angeleri, compositore bergamasco, che è l’ideatore del progetto. «Spettacolo complesso, ma non a scapito della godibilità. Dai tanti anni collaboro con Franco Ambrosetti e mi dedico a questo rapporto interdisciplinare fra vari linguaggi. Calvino è una mia vecchia passione. Non è un testo, il suo, che si possa facilmente proporre in teatro. Ogni parola deve essere letta, meditata, riletta anche perché lui gioca molto sulla parola scritta. Quindi la prima sfida era quella di cimentarsi con un testo di Calvino. La seconda – visto l’impossibilità di dedicarsi a un progetto di teatro convenzionale – era quella del progetto musicale, nel quale la musica è spesso descrittiva, mentre il testo divento musicale all’interno della partitura».
Quasi un ribaltamento delle normali funzioni della parola e della musica. “E’vero. Del resto come musicisti ci dobbiamo mettere in discussione e per quanto riguarda gli attori, debbono fare lo stesso e lo hanno fatto. Antonio e Silli sono stati straordinari perché hanno accettato di lasciarsi usare come musicisti, come strumenti all’interno di un’orchestra».
A proposito, che cosa ne pensano i due interessati? Antonio Ballerio parla di “Spettacolo raffinato. C’e un filo sottile che lega queste città. Musiche evocative, ciascuna adeguata alla città
trattata. Angeleri ha quasi stralciato dei brandelli di parole e ne; è uscito uno spettacolo in cui anche l’attore si adegua al ritmo».
Per Silli Togni si tratta di uno “spettacolo di grande atmosfera. C’è una bellissima voce femminile di cantante, quella di Paola Milzani, poi noi voci recitanti e tutti ci amalgamiamo bene con la musica. No, non si tratta di lettura e musica. il testo è scritto sulla partitura. Un concerto, insomma. Una cosa diversa, originale. E con un bell’equilibrio”.
Torno a Claudio Angeleri. il testo è scritto sulla partitura. Un recitar cantando? «Insieme con il drammaturgo e musicista Mario Bertasa abbiamo visto il suono delle parole, la lunghezza e il modo, abbiamo trovato una linea musicale vera e proprio. Un lavoro complesso che ha richiesto un anno e mezzo». Angeleri ha una gran voglia di parlare del suo rapporto con il libro di Italo Calvino. «Ho scelto 11 fra 55 città, legate da un rapporto numerico, dunque anche musicale. Ho scelto quelle che mi stimolavano maggiormente. Il ge­nere musicale? Diciamo jazz contemporaneo con qualche escursione nel classico o neo­lassico».
In scena, quanti strumenti? «Due attori, dunque due strumenti, poi la voce della cantante. La voce che canta è una sorta di ombra a queste due voci ma leggermente diversa. Io sto al piano con un’orchestra complessa, Giulio Visibelli al sax soprano e flauti, Gabriele Comeglio al sax alto, Marco Esposito al basso elettrico e Stefano Bagnoli alla batteria. E poi c’e l’ospite, Franco Ambrosetti. Lasciami dire che Ambrosetti è sempre disponibile a sperimentazioni e ha aderito con entusiasmo a questo progetto».
Spettacolo per chi? «Per tutti. Non occorre una particolare competenza, solo disponibilità a lasciarsi andare e lasciar andare la fantasia. Ascoltare».
Sto per congedarmi, ma Angeleri vuole aggiungere qualcosa sull’autore che ha scelto. «C’è una riscoperta di Calvino e questo è un libro cult, che non ha una trama, scritto un pezzo per volta, e le città che lui descrive sono senza tempo, antichissime e modernissime. Rileggendo alcune pagine, riscopriamo sempre cose nuove».
Racconta di essere stato a Mantova per il festival, che ha fatto il pienone di pubblico. E ci troviamo a parlare di lettura, di libri. Si continua a dire che gli italiani non leggono, ma noi siamo convinti che qualcosa sia cambiato e che le cifre dei vari sondaggi non rispecchino la realtà. Chi legge va anche a teatro, si interessa di musica. E’ un circolo virtuoso. Il pubblico dello spettacolo di Angeleri è questo: pubblico curioso di ogni età. –  La Regione Ticino  18 settembre 2004 – La musica nella voce Uno spettacolo ispirato a Italo Calvino apre la stagione allo StudioFoce di Sabrina Failer

Musiche dalle Città Invisibili Le musiche sono di Claudio Angeleri, quarantasette anni, pianista, didatta e compositore bergamasco che ha fatto dell’incontro tra letteratura, poesia e musica un percorso di ricerca costante nella sua carriera: ha infatti collaborato con un poeta del calibro di Lawrence Ferlinghetti, ha musicato fiabe, quali Il principe Felice di Oscar Wilde, e ha sperimentato numerosi incontri con il mondo letterario. Oltre a tutto ciò, dirige il “Centro Didattico Produzione Musica” di Bergamo, da lui fondato, e organizza eventi musicali di alto profilo.
L’adattamento dei testi è a cura di Mario Bertasa, musicologo e letterato, e la regia è di Oreste Castagna, che nella sua articolata attività ha partecipato numerose volte a progetti Jazz & Poetry con Lawrence Ferlinghetti, Enrico Rava, Dado Moroni, oltre ad avere curato la regia per lavori teatrali di Giorgio Albertazzi, Paola Quattrini, Gene Gnocchi.
Una volta chiarita la visione esistenziale di Calvino rispetto al mondo si cerca una via d’uscita dal deserto da lui prefigurato: “non sempre i segni, così come li cogliamo, ci dicono ciò che noi crediamo ci vogliano dire”. E’ stato tradotto, questo concetto, in un continuo mascheramento della voce. Infatti, Oreste Castagna (attore, voce recitante, live electronics) reciterà le varie parti con la voce filtrata attraverso l’elettronica, rendendo a volte espressamente incomprensibili alcune frasi, da cui emergeranno solo poche parole comprensibili, come isole a cui aggrapparsi per cercare di dare un senso al segno. A fare da ombra alla voce recitata, ci sarà il canto eseguito da Paola Milzani, giovane vocalist emergente nel panorama jazzistico nazionale. Le voci andranno ad integrarsi con le musiche del gruppo strumentale, e gli strumenti diventano essi stessi attori in una doppia nemesi che richiama e riflette la poliedricità dell’opera di Italo Calvino. Un’altra suggestione che deriva dalle Città Invisibili è quella del racconto in cui parola narrativa e parola poetica si alternano fra di loro, e queste due componenti sono state separate, ai fini del progetto, per incasellarle in tante piccole cellule, per vedere come si mettevano a reagire nei confronti della capacità della musica di raccontare ciò che la parola non riesce a completare, e viceversa.
Salgono sul palco Giulio Visibelli (primo alto della Civica Jazz Band e polistrumentista duttile), sax soprano, flauti, Gabriele Comeglio (arrangiatore, sassofonista e band leader a cui si legò la vicenda della Jazz Class Orchestra), sax alto, flauto in sol, Claudio Angeleri, pianoforte, Marco Esposito (da anni partner di Trovesi), basso elettrico, Stefano Bagnoli (uno dei batteristi più richiesti della scena nazionale), batteria, Paola Milzani, voce, Oreste Castagna, voce recitante, live electronics.
Il primo suono che ci arriva è la splendida voce di Paola Milzani, giovane e preparatissima professionista, che vanta un curriculum di esperienze molto ricco sia in ambito classico che in ambito jazzistico e didattico. Si sovrappone al canto, che diventa ombra, la voce di Oreste Castagna, che attraverso il colore della voce e la carica espressiva ci comunica sensazioni che vanno al di là delle parole. Sotto alla sua voce che di volta in volta ci guida, ci seduce, ci scuote, ci incalza, iniziamo a sentire anche la musica, che poi esce in primo piano quando le voci tacciono. Sin dalla prima nota la suggestione è notevole, riesco a percepire echi lontani, profumi di spezie, la sabbia del deserto, l’aria salmastra del mare, la frescura di un’oasi, la confusione della città, l’oscurità e l’ombra, e così si snoda l’intera suite, seguita in attento silenzio da parte tutto il pubblico, interrotta una sola volta da un fragoroso applauso “sfuggito al controllo” di tutti quanti, prima dell’effettiva “ultima nota” del quadro musicale….. E una volta rotto il ghiaccio, il pubblico ha continuato ad applaudire fino alla fine. Le musiche di Angeleri sono a dir poco splendide e pervase di magia, e gli intrecci con le voci, gestite in questo modo da me mai né visto né sentito prima, rendono i quadri musicali proposti nella suite estremamente vividi e carichi di immagini, profumi, odori e colori meravigliosamente orientali…..Claudio Angeleri ed il suo Ensemble ci prendono per mano, e ci portano, con suggestioni dai forti sapori e colori a “Bauci” (settetto), a Cloe e Smeraldina (due voci e flauto), alla Città Sottile (quintetto strumentale), a Despina (voce recitante e in un secondo momento quintetto strumentale), Interludio (solo contrabbasso), alla Città Continua (settetto), alla Città Perfetta (piano, flauto e voce recitante), a Eutropia (settetto) e infine alle Città Promesse (sax contralto, pianoforte e voce recitante). I testi adattati da Mario Bertasa non presentano alcun intento didascalico e calligrafico, e anche la titolazione dei brani è solo parzialmente legata agli originali di Calvino, e un elemento ulteriore di varietà interna deriva dalla scelta delle “città degli scambi” (così indicate da Calvino perché luoghi di scambio, oltre che di merci, anche di parole, desideri e ricordi) come base per le composizioni di gruppo, in cui si determinano sviluppi collettivi, mentre per i momenti cameristici Angeleri si è rifatto ai luoghi che sollecitano un discorso più intimo, legato al vissuto individuale.
Le strutture dei brani sono state liberamente modellate su quelle delle città scelte per gli undici quadri sonori, oppure hanno sfruttato le possibilità descrittive offerte dal racconto, rispecchiando nell’uso di forme e metriche particolari l’architettura dei luoghi narrati da Marco Polo. Per esempio, ne La Città Continua le metriche cambiano continuamente. A livello armonico Angeleri ha evitato la cadenza per fare in modo che alcuni pezzi non risolvessero mai….
Siamo stati testimoni di un evento a mio parere straordinario, che andrebbe ascoltato e riascoltato, perché gli stimoli e le suggestioni che ci pervengono dalla musica, dagli strumenti, dalle voci sono molteplici, e sono sicura che il secondo ascolto mi darebbe comunque emozioni nuove rispetto al primo…. Coglierei e percepirei suggestioni, parole, note che sono rimaste in secondo piano nella mia memoria rispetto ad altre che mi hanno maggiormente colpita, e rinnoverei l’avvicendarsi di emozioni, di pensieri, di ricordi e di sensazioni che Claudio Angeleri ed il suo Ensemble mi hanno portato a sperimentare. – di Eva Simontacchi, JAZZITALIA 10 gennaio 2004 •

Giochi di luci, immagini fantastiche dì soli e di lune, di acrobati sospesi nell’aria, la musica, le parole e i gesti: la magia di uno spettacolo nel buio e nel silenzio della sera. «Musiche dalle città invisibili», il progetto originale del pianista e compositore Claudio Angeleri, ha saputo catturare il cuore e la mente del numeroso pubblico che, nella splendida cornice di piazza Dante, ha seguito la seconda serata della manifestazione «Notti di luce».
Con la complicità delle luci tecnologiche della Clay Paky azienda leader della luce dello spettacolo, e di Valerio Festi, ideatore di immagini fantastiche create da due palloni aerostatici autoilluminanti a cui erano appesi due ballerini acrobati, si è assistito a un evento che è destinato a segnare la storia della manifestazione. Più che a tutti gli effetti scenici il pregio della serata è comunque da attribuire alla musica di Claudio Angeleri. Un progetto, quello del pianista bergamasco, coraggioso e innovativo. Angeleri, da sempre impegnato nella ricerca del dialogo tra le diverse forme espressive, si è confrontato con i testi di Italo Calvino, testi molto lontani anche dalla possibilità di essere interpretati teatralmente. Le sue pagine non scorrono veloci ma richiedono riflessione e tempo: ecco quindi la scommessa di uno spettacolo che ha voluto leggere a più livelli tra loro complementari quello che è un testo unico nella storia della letteratura contemporanea: «Le città invisibili».
La musicalità delle parole e la musica in primo luogo hanno avuto il compito di descrivere le città fantasticate da Calvino. A ciò si sono aggiunte le immagini, quasi oniriche, create sullo sfondo dagli attori del Teatro Prova e dai ballerini della scuola di danza Attitude, diretta da Serenella Barbieri. Non ultimi i costumi magici di Alfonso Andreoli e i raccordi recitati da Max Brembilla, tutti guidati dalla regia di Silvia Barbieri.
L’ensemble “misto” di musicisti e attori, diretto da Angeleri, ha spesso ricevuto applausi a scena aperta dal pubblico che ha voluto così sottolineare i passaggi più interessanti ed emozionanti. L’ensemble musicale del resto era di tutto rispetto, con la tromba di Franco Ambrosetti, solista apprezzato in tutto il mondo, i sassofoni e flauti di Gabriele Comeglio e Giulio Visibelli, la sezione ritmica di Marco Esposito e Stefano Bagnoli e la voce di Paola Milzani, a cui è toccato il compito più di difficile di interpretare un ruolo strumentale tra la sezione dei fiati.
Le voci di Silli Togni e Oreste Castagna hanno dato ancora più forza alla visione delle città invisibili: Bauci, Smeraldina, Eutropia, Despina, per una sera hanno preso forma in una incantevole fusione di musica parole e danza. L’Eco di Bergamo • La notte magica di piazza Dante, 5 settembre 2004

C’è Calvino sotto le stelle del jazz
Undici tappe attorno alle suggestioni narrative proposte dalle fantastiche visoni urbanistiche di Calvino. “Musiche dalle città invisibili” non è solo lo spettacolo visto in piazza Dante in una magica serata di settimana scorsa, ma è anche il titolo dell’ultimo album realizzato da Claudio Angeleri, pianista e compositore jazz bergamasco che sigla cosi il tredicesimo disco a suo nome. Un viaggio sonoro a tinte pastello, volubile come la pluralita degli scenari ideati dal grande scrittore italiano, molteplice nei metodi d’approccio alla non facile relazione tra diversi ordini segnici.
Letteratura, canto, musica strumentale, recitazione, sperimentazione sonora si affastellano in ordine variabile nei circa cinquanta minuti di questa registrazione edita per l’etichetta CDpM Lion. Sono della partita i musicisti dell’Orchestra Tascabile, organico che il musicista bergamasco riunisce con geometrie variabili da diversi anni a questa parte e che ha consolidato una serie di collaborazioni con figure significative della scena musicale nazionale e internazionale. Accanto a musicisti più volte apprezzati al fianco di Angeleri, anche la registrazione documenta le collaborazioni dl lusso offerte dal trombettista svizzero Franco Ambrosetti, dal sassofonista statunitense Bob Mintzer, e dello specialista dl tabla Arup Kanti Das.La resa discografica azzera l’elemento scenico e ristabilisce il primato del fattore musicale. Ne trae giovamento lo sforzo compositivo messo in cantiere da Angeleri. Svettano le qualità squisitamente musicali delle belle architetture sonore di «Despina», impreziosita dal citato Mintzer, di «La città continua», di «Eutropia» e l’essenziale commiato utopico de «La città possibile» con protagonista il sax alto di Gabriele Comeglio. – L’Eco di Bergamo  15 settembre 2004

Fa sempre piacere imbattersi sulla stampa estera nel lavoro che stanno lodevolmente compiendo i jazzisti italiani, ed è interessante rendersi conto di come questi vengano giudicati oltre frontiera. Di solito si ha prova della stima di cui i nostri talenti godono in Francia, ma ecco che sull’inglese Jazz Journal International di aprile sono recensiti due dischi di Claudio Angeleri (etichetta Cdpml Lion).
Le sue lodi maggiori sono andate al recente “Monk Keys”. Oltre ai solisti, ha elogiato “gli arrangiamenti molto originali, accattivanti e spesso estesi sopra lo spirito (e la stravaganza) dei temi”. E a proposito di questi l’annotazione di Woolley è una lode in più: “La musica di Monk è ora un po’ dimenticata e questo album dovrebbe aiutare a ridare interesse per le opere di questo importante pioniere del jazz”.Scott Wolley • Jazz Journal international

Bergamo Jazz 2003
A fare l’apripista sulla scena è comunque toccato a Franco Ambrosetti che ha condotto il suo quintetto verso strade dove ad illuminare di luce propria il percorso musicale hanno sicuramente contribuito in misura esorbitante le intuizioni creative e il mood pianistico di Claudio Angeleri, il fine fraseggio del contrabbassista americano Heiri Kànzig, il delicato pulsare del batterista Peter Schmidlin. Dal canto loro il trombettista svizzero e il nostro sassofonista Gabriele Comeglio hanno mantenuto alto il loro livello espressivo; tuttavia, specie nei brani composti dal pianista bergamasco ispiratigli dalla lettura di Italo Calvino, mai avevamo avuto modo di apprezzare un Angeleri così esplosivo e così proiettato verso mete esaltanti che la ritmica prontamente coadiuvava. – Dario Beretta, 27/04/2003

Buona la prima – Bollate 2003
Il 10 febbraio era di scena un quintetto guidato da Claudio Angeleri al piano, affiancato dai trombettisti Emilio Soana e Alberto Mandarini, da Marco Esposito al basso elettrico e da Stefano Bagnoli alla batteria. Tema della serata “la strada di Gillespie” titolo riassuntivo che voleva richiamare l’attenzione su una grande personalità del bebop (forse un pò offuscata dal genio di Charlie Parker) che ha rappresentato la continuità del linguaggio jazzistico pur in una diversa dimensione stilistica, riprendendo forme tradizionali come quella della grande orchestra e innestandovi innovazioni tecnico-espressive importanti ma meno rivoluzionarie di quanto appaiano a prima vista. Gli interpreti sono partiti proprio da un suo pezzo, Woody’n You, proponendo poi altri cinque brani composti da trombettisti legati al bop o all’hard bop, cominciando da Double Talk di Howard Mc Ghee e Fats Navano, continuando con This I Dig Of You di Lee Morgan, Sandu di Clifford Brown, Short Story di Kenny Dorham e finendo con Gibraltar di Freddie Hubbard. Tutti gli arrangiamenti erano opera di Angeleri e si caratterizzavano per chiarezza e leggibilità. Era interessante sentire le esposizioni all’unisono (ma anche in accordo) tipiche del bop effettuate da due trombe anziché, come di consueto, da una tromba e da un sassofono: già questo dava al complesso un sound particolare, arricchito dal supporto armonico del leader che integrava le volate neo-boppistiche della mano destra con un robusto sostegno della sinistra. Ottima anche l’idea di abbinare due trombettisti cosi diversi, anche per ragioni anagrafiche, nonostante le discendenze stilistiche abbastanza simili dichiarate dai due a Maurizio Franco nell’intervallo: Soana rigorosissimo, stringato, coerente, logico, equilibrato, Mandarini più mosso e imprevedibile, con un fraseggio più staccato e un suono vario e ricco di colori; quanto basta per rendere felicemente complementare la loro convivenza nello stesso gruppo. Basso e batteria, infine, hanno fornito un sostegno continuo e ineccepibile concedendosi poche, ma pregevoli sortite solistiche. Come bis è stato eseguito l’unico brano non composto da un trombettista, ma dedicato a un grandissimo esponente di questo strumento, il celeberrimo I Remember Clifford di Benny Golson, tema sul quale l’arrangiamento per due trombe costituisce forse una novità assoluta. – Antonio Berini, 25/04/2003 • Ritmo maggio 2003

Giorgio Azzolini Octet
“A WaIk Through My Life”
CDpM Lion 140-2
Contrabbassista storico del jazz italiano, Giorgio Azzolini non è soltanto un valoroso solista e accompagnatore, ma anche un sapiente arrangiatore e ha sempre avuto un debole per le grosse formazioni. L’idea di questo disco nasce proprio dal desiderio di scrivere, se non per una big band, almeno per un gruppo più ampio di quelli normalmente frequentati nella sua lunga carriera (trii, quartetti e quintetti). Azzolini ne parla un giorno con Claudio Angeleri, il quale approva entusiasticamente il progetto e mette in cantiere un CD che prevede la partecipazione di otto musicisti, anche se, in realtà quello che si ascolta è un settetto, perché i due contrabbassisti indicati in copertina (Azzolini e Marco Ricci) si alternano nei sette brani.
Bastano i primi minuti di Mdina per rendersi conto che gli assieme dei fiati (Gabriele Comeglio sax alto e baritono, Marco Gotti sax tenore, Sergio Orlandi tromba e flicorno, Mauro Parodi trombone) hanno una tale pienezza da suggerire il sound di una vera big band, come osserva lo stesso Azzolini nella presentazione. “L’effetto big band” dura per tutto il disco ed è forse la maggiore attrattiva di questo lavoro: gli assoli sono numerosi, ma tutti incastonati in una solida ossatura collettiva della quale vengono per così dire a far parte, secondo le migliori regole del jazz orchestrale. Azzolini firma tutti gli arrangiamenti e cinque dei sette brani (gli altri due, Summit Soul e Strolling, sono rispettivamente di Jean Luc Ponty e di Horace Silver).
Oltre al già nominato Mdina, il leader ha estratto dal suo book Blues For Ferdy, Giorgia Mood (dedicato alla figlia), The Scicluna Street e Sliema, offrendo una gamma sufficientemente variegata del suo estro compositivo applicato con pari efficacia alla ballad e al blues; negli arrangiamenti, curatissimi sul piano armonico, il contrabbassista conferma la sua predilezione per la scuola californiana e per l’hard bop classico legato a nomi come quelli di Art Blakey, Horace Silver e Cannooball Adderley, riproducendo un percorso stilistico che fu proprio del quintetto Basso-Valdambrini, nel quale a lungo militò. Come solista si tiene piuttosto in disparte, limitandosi a una vibrante e intensa esposizione con l’arco all’inizio di Blues For Ferdy, e cede il posto in ben quattro brani al giovane emergente Marco Ricci, operando una scelta che ha il sapore di un’investitura. Quanto agli altri, è bello vedere musicisti che hanno una statura da leader come Angeleri e Comeglio mettersi al servizio di un progetto del loro più anziano collega impegnandosi in assoli vivaci e ispirati (Comeglio, tra l’altro, usando il sax baritono in sezione, dà un contributo notevolissimo al sound orchestrale del complesso). Ma vanno sottolineate anche la finezza di Orlandi, la sonora espressività di Parodi, la modernità di Gotti e la ben nota perizia di Stefano Bagnoli, batterista tanto discreto quanto efficace e importante nel gioco d’assieme. Antonio Berini – Ritmo maggio 2003

L’anno prossimo festeggerà i trent’anni di attività, ma nel frattempo Claudio Angeleri si prepara ad un nuovo progetto musicale, un disco ispirato alle “Città invisibili” di Calvino: 11 nuove composizioni dedicate alle 11 tipologie di città del libro, con 11 ospiti speciali. La matematica ha sempre a che fare con la musica e poi c’è da dire che Angeleri, oltre ad essere un jazzista di collaudata virtù, è anche un architetto, con qualche progetto sulla coscienza e non solo nel cassetto. Lui non ne parla volentieri, perché ha scelto la musica per vivere: quella suonata, prima di tutto, poi quella insegnata (è il direttore del Centro Didattivo Professione Musica) e infine quella organizzata, visto che nel tempo si è mosso anche sul piano dell’allestimento di eventi musicali. Ora però Angeleri ha riportato al centro della sua molteplice attività la musica, il pianoforte, i concerti in giro per l’Italia e all’estero. Dopo un periodo speso sul fronte dell’insegnamento, il pianista bergamasco ha messo mano a molti progetti musicali. Nel 2002 ha pubblicato un paio di cd a suo nome, il primo “From be to pops” in quintetto, il secondo “Monk Keys” realizzato con l’Orchestra Tascabile. Ha anche preso parte alla realizzazione del nuovo album di Giorgio Azzolini (con l’ottetto) “A Walk Through My Life”. Quanto ai concerti, l’attività è stata ed è molto fitta: qui basta ricordare che il musicista è reduce da un giro in Germania e all’ultimo festival di Bergamo ha presentato in anteprima alcuni brani che finiranno nel prossimo lavoro. In prospettiva una serata al “Blue Note” di Milano, il locale da “grandifirme” del jazz.”Ne ho presentati tre – spiega Angeleri -, con arrangiamenti preparati appositamente per quintetto, ospite Franco Ambrosetti. Calvino è una mia grande passione ed il libro a cui è dedicato il disco è molto intrigante. Il discorso delle “Città invisibili” l’ho trovato con molte assonanze rispetto alla musica: da una parte questa dimensione fantastica, irreale, tipica di Calvino, dall’altra la coerenza, con una logica di fondo anche matematica. Sono caratteri attengono anche alla musica jazz che in fondo è un incontro tra estemporaneità e rigore”.

Il primo appuntamento musicale è stato un originale viaggio in compagnia di Edward Kennedy Ellington, detto Duke, e le note del suo jazz.Perché proprio Thelonious Monk riletto a dovere con un combo, ospite Gianluigi Trovesi?
“Per quel che mi riguarda Monk è una costante. Sono stato letteralmente fulminato dalla sua musica sin dal primo approccio. Credo che sia uno dei capisaldi del jazz, uno di quei personaggi in cui si fondono senso della progettualità ed improvvisazione, composizione ed estro esecutivo. L’idea di rileggere la musica di Monk con l’Orchestra Tascabile nasce dalla prospettiva di darle una sorta di ampliamento sonoro, di amplificazione. Il disegno è quello di estendere quanto Monk fa sul piano alle possibilità di un gruppo orchestrale; qualcosa di diverso dal discorso di una big band. Al progetto ha collaborato in fase di preparazione Giampiero Prina, poi ho pensato ad un solista assoluto, fuori discussione come Gianluigi che ha suonato davvero bene, con grande estro personale”.
Da jazzista della generazione di mezzo, da osservatore privilegiato, che opinione ti sei fatto della situazione in cui versa il jazz in Italia?
“Credo sia molto sfaccettata e per certi versi contraddittoria, ma anche attraversata da qualche guizzo vitale. Dalle scuole escono musicisti molto tecnici, ma non troppo attenti all’aspetto artistico. Oggi si cercano dei modelli, dimenticando una dimensione musicale più personale, ma questi possono essere semplici peccati di gioventù. – Ugo Bacci, Eco di Bergamo 01/04/2003

Presso l’Auditorium del Centro San Bartolomeo si sono esibiti con assoluta scioltezza il pianista e compositore Claudio Angeleri e l’attore e regista Oreste Castagna. L’offerta musicale era assai originale e allettante: un omaggio al grande compositore e pianista statunitense attraverso la sua musica e la storia di uno dei suoi tanti viaggi per gli States con il fido autista nonché baritonsassofonista Harry Carney.
La pièce a New World a comin per pianoforte e voce recitante prende a prestito le musiche tratte dall’omonimo concerto per pianoforte e orchestra del Duca, utilizzandole come sfondo e intermezzo al fantasioso testo di Mario Bertasa.
La storia narra di un viaggio alla volta della Carnegie Hall di New York dove Ellington e la sua orchestra suoneranno la nuova suite intitolata al Nuovo mondo che sta per arrivare appunto New world a comin. Siamo nel dicembre del 1943 e la sempre attuale voglia di pace accompagna il desiderio del popolo nero di una nuova rinascita al termine della seconda guerra mondiale, che ponga fine ad ogni discriminazione razziale. Un ispirato Oreste Castagna ha riletto il testo con disinvoltura, calandosi bene nella parte del narratore protagonista (Harry Carney) che ritaglia in singolari scene di viaggio un piacevole spaccato del personaggio Ellington. Un impeccabile Claudio Angeleri ha interpretato con linearità ed equilibrio il descrittivo e impervio linguaggio musicale, caratterizzato da ritmi e colori. Il pubblico (un centinaio di persone) ha gradito l’affiatata performance dei due artisti, tributando calorosi applausi. – Lorenzo Tassi 08/03/2003

ANIMAJAZZ” trasmissione radio su Pisa e Livorno (su “Punto Radio”, 91,6 Mhz) conduttore Bruno Pollacci
Mio caro Claudio! Ti confesso che sono rimasto molto colpito dalle tue capacità. Sei non solo un ottimo pianista ma un grande arrangiatore. Il CD in omaggio al Pop mi ha fatto sentire nel cuore il miglior Gil Evans e il CD con Mariano è una vera “chicca”. Tu sai coniugare una preziosa capacità esecutiva con doti espressive di grande rilievo e intuizioni creative di ottimo livello. Sei un artista completo capace di regalare vibranti emozioni. Ottimo swing e garbate atmosfere; vivacità e poesia; intelligenza
e cuore. Ti auguro tutto il successo e la fortuna che un artista della tua levatura dovrebbe poter avere. – Bruno Pollacci – Anima Jazz Punto Radio 91,6 01/03/2003

Bergamo Jazz
Intenso concerto con Franco Ambrosetti.
Ottimo Ambrosetti nel carezzare i tempi lenti da ballata e più energico che in latre occasioni Angeleri, che in uno dei brani nati dalle suggestioni tratte dalla lettura delle Città Invisibili di Italo Calvino, svela una vena appropriatamente tyneriana. – Eco di Bergamo 22/02/2003

La musica di Thelonious Monk rappresenta spesso un rompicapo per quei musicisti che, senza un adeguato approfondimento, affrontano con leggerezza le sue composizioni. Non è il caso di Angeleri, profondo conoscitore dell’arte monkiana e quindi musicista in grado di cogliere gli elementi chiave di composizioni di assoluta personalità come quelle scelte per questo progetto. La musica è stata arrangiata dal musicista bergamasco senza faticose ricostruzioni o sovrastrutture, bensì lasciando fluire le linee essenziali tracciate da Monk e inserendole in contesti che ne esaltano i cardini compositivi. L’Orchestra Tascabile, che in quest’occasione ospita Trovesi, si rivela un organico duttile come un ensemble di musica classica e poggia su solisti e interpreti di valore, capaci di apportare un contributo che va ben oltre il puro dato esecutivo, permettendo al leader di lasciar respirare le composizioni (come del resto faceva Monk) e di offrire spazio a interventi solistici di cui si apprezza l’aderenza al contesto e la felicità d’invenzione globale.
Il mosaico monkiano proposto spazi a da un Epistrophy “pianocentrico” al dinamismo orchestrale di Eronel; dall’articolato e quasi funky Well You Needn’t a Misterioso suonato in quartetto con Visibelli in evidenza; da uno spezzettato e imprevedibile Jackie-Ing ai due trii di Pannonica e Bemsha Swing (tratto quest’ultimo dal Cd “Pin­Up”) che sottolineano il lucido pensiero pianistico del leader. Evidence, poi, è trattato con maestria e intelligenza incorniciato da un gioco speculare basato sull’iniziale accumulo e sulla conclusiva sottrazione di suoni, e su una costruzione interna centrata sui punti di tensione ritmica previsti in partitura da Monk. – Maurizio Franco – Musica Jazz – Gennaio 2003 01/01/2003

Giorgio Azzolini: A WaIk Through My Life
Il magico accordo di Azzolini tra assoli e piccola orchestra
Straordinario, inossidabile Giorgio Azzolini, contrabbassista e compositore storico del jazz italiano, che a 74 anni licenzia il disco forse piu bello della sua lunga carriera, intitolandolo non a caso «una passeggiata attraverso la mia vita». Ci sono fotografie del protagonista com’era da giovane e com’è oggi (è invecchiato bene), una breve autopresentazione in italiano e in inglese, e altre foto importanti. Dei protagonisti, prima di tutto l’Orchestra Tascabile: Claudio Angeleri al pianoforte, Stefano Bagnoli alla batteria, Gabriele Comeglio al sax alto e baritono, Marco Gotti al sax tenore, Sergio Orlandi alla tromba e al flicorno; Mauro Parodi al trombone e Marco Ricci che in quattro brani su sette sostituisce il direttore arrangiatore al contrabbasso. Dopo di che si ammirano, con un po’ di malinconia, le immagini di tanti musicisti con i quali Azzolini ha suonato dagli anni Cinquanta in poi. La bellezza della musica (cinque temi di Azzolini, uno di Jean-Luc Ponty, uno di Horace Silver) sta nel magnifico e moderno respiro orchestrale, pur trattandosi di un ottetto, nel gusto impeccabile, nell’equilibrio fra assoli e parti d’assieme. – Franco Fayenz – Il Giornale 09/12/2002

Monk Keys Claudio Angeleri Orchestra Tascabile w/special guest Gianluigi Trovesi | CDpM Lion
With this release, Italian pianist/arranger Claudio Angeleri and his orchestra render various slants on a portion of the Thelonious Monk discography. Recorded live at an Italian theater, the band kicks off the program with a straightforward spin of “Epistrophy.” However, the fun really starts with the second piece “Well You Needn’t,” featuring gritty solo endeavors by tenor saxophonist Marco Gotti, alto saxophonist Gianluigi Trovesi and others. Here and throughout, the band offers slight variations amid a few nicely placed twists and turns largely due to the leader’s interleaving horn charts. Moreover, the orchestra frequently uses components of any given tune as a means for extending mini-themes into various extensions of Monk’s inherent rhythmic ideologies. Angeleri’s extended solo on “Pannonica” is awash with lyrically charged chord progressions to coincide with his delicate touch and strong sense of swing. Whereas the ensemble employs an animated and consistently upbeat approach on “Eronel.”
It’s not all about reengineering Monk’s songbook! Yet, Angeleri’s visions cast a contemporary outlook to these works that have been endlessly rehashed by many of today’s jazz stars. They swing hard, and present a polytonal outlook. Angeleri and co should be commended here. Recommended… – Glenn Astarita – All About Jazz – Usa 16/11/2002

Tango – Ing Arp Quintet (IREC/IRD – Italia – 1984)
A riascoltare oggi questo disco (stampato rigorosamente in vinile e prodotto nel 1984) si ha la netta sensazione che la sua originaria brillantezza non si è appannata. Segno inconfutabile della bontà di un progetto nato dalla passione musicale di cinque amici: Tino Tracanna (soprano, alto e tenore), Martin Dietrich (trombone), Franco Finocchiaro (contrabbasso), Ellade Bandini (batteria) e quel Claudio Angeleri che compone e dirige e che da lì in poi si imporrà come uno dei più raffinati pianisti del panorama jazz italiano.
L’iniziale e spumeggiante “Spring Roll” è un rondò basato sugli scambi (prassi esecutiva che ritroveremo sempre nel disco) tra i vari solisti (soprano, trombone, piano e così via) che si alternano eseguendo linee melodico/ritmiche “rotolanti”, per così dire.
Si prosegue con la trasversalità di generi e sapori latini in “Tango” e con il sinuoso unisono trombone/soprano, completato da insert di calypso, di “Un cappello nel mare”.
Il descrittivismo rumorista di “Vegetable Blues” con tanto di citazioni monkiane (divertente il dialogo sul tema con variazioni tra il soprano e il trombone) e l’alternarsi tra tempo binario e ternario in “Like” completano un disco sincero e ottimamemente suonato.
L’amore per il jazz di matrice boppistica, una scrittura fresca ed accattivante, il senso per l’organizzazione sonora (ottima la resa su vinile), gli equilibri timbrici e una controllata verve solistica: cinque amici in una giornata del marzo 1984 avrebbero potuto desiderare di meglio? Michele Chisena – AAJ 25/10/2002

Vent’anni dalla scomparsa di Monk non passano certo inosservati, specialmente per un pianista assai colto e preparato come Angeleri. Avvalendosi di una collaudata big band (special guest Gianluigi Trovesi),il musicista bergamasco arrangia ed esegue dal vivo per il suo nonetto,otto pagine d’indimenticabili classici monkiani a partire dalla movimentata ristesura di Well You Needn’t,dove proprio Trovesi si esibisce coi suoi consueti mobilissimi exploit.Ma tra i fiati dell’orchestra impossibilr non citare le altre colonne come Comeglio -campione di energica eleganza- ed il carnale Visibelli, mentre il leader,impegnato a dirigere l’ensemble,trova anche il tempo di esibirsi in trio per la confidenziale rilettura di Pannonica,tornando poi a lambire le incisive elaborazioni di Evidence e del convincente ripescaggio di Misterioso. – Gianmichele Taormina – Jazzit 20/10/2002

Claudio Angeleri From be to pops CDpM Lion 136 – 2
Alieno dai rillettori. portato dalla sua indole a un lavoro seno e appartato, Claudio Angeleri è il classico esempio del musicista completo: compositore, arrangiatore, pianista, organizzatore di complessi di vario tipo, studioso e didatta, non incide dischi in modo massiccio, ma solo quando è in grado di offrire qualcosa di originale e significativo. E’ il caso di questo CD, un dischetto nero con etichetta centrale rossa che ricorda i celebri LP della Columbia, il cui titolo – come dice lo stesso Angeleri “è un calembour che volutamente richiama il ricco patrimonio della canzone e dei suoi mille interpreti”. E infatti vi troviamo il successo planetario dei Beatles Yesterday, una raffinata ballad come I thought about you o, il commovente God Bless The Child indissolubilmente legato alla memoria di Billie Holiday e il celebre valzer di Rodgers e Hammerstein My Favorite Things, trasfigurato e trasforniato per sempre in uno standard jazzistico da John Coltrane. Ma ci sono anche tre composizioni originali di Angeleri (Luna oops, La casa verde e Only For You) e perfino un pezzo tratto da Chopin (Blue Interlude). Mentre quest’ultimo, arrangiato da Klaus Ogerman e registrato dal vivo nel 1999 al Teattro Cagnoni di Vigevano è una struggente, romantica digressione con un organico completamente diverso che coinvolge anche un’orchestra d’archi, gli altri pezzi vedono all’opera, sotto la guida di Angeleri, Gabriele Comeglio al sax alto e occasionalmente al tenore, baritono e soprano, Marco Esposito al basso elettrico. Vittorio Mariaoai alla batteria e la cantante Paola Milzani.
Tutti i brani sono curatissimi e si caratterizzano per una fitta integrazione fra i musicisti, ivi compresa la cantante, la cui voce è utilizzata quasi sempre come strumento fra gli strumenti. La lettura dei brani altrui evita le strade già battute e ricerca costantemente tempi, approcci e climi diversi: solo My Favorite Things non riesce a staccarsi più di tanto dal modello coltraniano, ma inserisce pur sempre una novità, rappresentata dalla parte vocale. I temi di Angeleri sono accattivanti e valorizzati da arrangiamenti di lusso, che impegnano al massimo anche i due ritmi. Dal punto di vista solistico il pianismo di Angeleri rivela ancora una volta i suoi pregi un po’ misconosciuti, fatti non solo e non tanto di tecnica quanto di calore e comunicativa,. mentre Comeglio si conferma improvvisatore di razza dotato di un’interessante sonorità acidula, oltre che abile arrangiatore (si veda in particolare I thought about you). La giovane cantante, che non conoscevo e che probabilmente è allieva di Angeleri, ha un notevole drive, ma dovrà imparare a dosare meglio gli effetti e acquisire maggiore morbidezza e profondità. Luna oops, che apre il disco è, a mio parere, la sua prova più riuscita. – Antonio Berini – Ritmo 22/08/2002

La musica di Duke Ellington e di Billy Stayhorn continua a influenzare le nuovi generazioni di musicisti, ovunque, dagli Stati Uniti all`Europa. Il pianista Claudio Angeleri ne dà un sua versione molto moderna, approfittando di un quintetto “multinazionale” d`eccezione, insieme a Charlie Mariano ed al bravo contrabbassista svizzero Heiri Kaenzig.
Si tratta di un gruppo con una voce originale che dà un contributo di non poco conto alla musica ellingtoniana, senza copiare cosa fatte e rifatte, ascoltate mille volte.
Gli assoli di Charlie Mariano al sax contralto sono pieni d`espressività, è un artista con un suo proprio suono, capace di raccontare con poche note una storia, un tipo di saggezza che gli viene forse dall`età. Invece che aggiungere sempre più note ai suoi interventi le toglie, ma quel che resta è da antologia. È lui che apre l`album con lungo un intervento che fa venire la pelle d’oca.
Gabriele Comeglio è un sassofonista baritono e soprano capace di suonare al livello dell`ospite americano (ma residente in Germania), basta ascoltare il suo contributo in “Blue Pepper”, o in “Lush Life”, pieno di poesia. Il leader Claudio Angeleri si tiene un pò in disparte, si limita a guidare il gruppo ed a dare suggerimenti. È un pianista dal tocco pieno di sensibilità jazz. I suoi assoli sono pertinenti, ma il suo intento non è quello di mettersi in primo piano, bensì quello di creare armonia e equilibrio nelle esecuzioni del quintetto, cosa in cui riesce benissimo.
Un quintetto capace di aggiungere accenti moderni alle composizioni del Duca. – Vittorio Lo Conte – All about Jazz 20/07/2002

CLAUDIO ANGELERI «From Be To Pops»: CDPM LION 136-2, distr. lrd.
Un po’ di sempreverdi del jazz si affiancano a pagine di Angeleri, Beatles (Yesterday, ovviamente) e Chopin (Blue Interlude, nell’arrangiamento di Klaus Ogerman) in questo nuovo lavoro del pianista bergamasco, il cui abituale quartetto si allarga per l’occasione alla voce, spesso usata in chiave prettamente strumentale. Le strade battute sono largamente note: un solido interplay di gruppo, un estremo rispetto per tutta la tradizione musicale afroamericana (anche in certe venature funkeggianti), un’estrema cura per la coralità (pur se le sortite solistiche non mancanocerto) e l’interazione fra elemento tematico o sua espansione improvvisativa. – Alberto Bazzurro – Musica Jazz 10/07/2002A T. Monk si ispira l’Orchestra Tascabile di Claudio Angeleri. Gli arrangiamenti del pianista bergamasco evidenziano le strutture armoniche dei classici monkiani grazie ad una calibrata distribuzione delle parti orchestrali; malgrado gli spazi solistici un pò compressi si mettono in luce Giulio Visibelli al sax soprano e l’ospite Gianluigi Trovesi al contralto. – Ermes Rosina – Musica Jazz 02/06/2002

Claudio Angeleri ha arrangiato ed interpretato i brani di Thelonious Monk insieme ad un nonetto di eccezione, con Gianluigi Trovesi che è apparso a proprio agio con musicisti già conosciuti e senza alcuna intenzione di rubare la scena ad Angeleri, molto fluido e composto. – Lorenza Cattadori – Jazzit 01/06/2002

Yesterday, I Thought About You, God Bless The Child, My Favourite Things: la presenza di queste grandi canzoni sottolinea certamente una delle chiavi di lettura del titolo dato da Claudio Angeleri al suo più recente lavoro, in cui è accompagnato da Gabriele Comeglio ai sax, Paola Milzani alla voce, Marco Esposito al basso e Vittorio Marinoni alla batteria. Come l’autore stesso ricorda nelle note, From Be to Pops è un “calembour che volutamente richiama il ricco patrimonio della canzone e dei suoi mille interpreti. Fondamentalmente be sta per essere e pops per musica pop, cioè musica popolore”. Ma il CD non si esaurisce ovviamente in quei pur signi ti­cativi quattro brani. C’è la dinamica freschezza dell’iniziale Luna Oops e c’è l’elegante, vellutato dipanarsi di La casa verde, due episodi che mettono in evidenza l’uso strumentale della voce della Milzani. C’è l’articolata Only for You, in due parti, dove l’omaggio al grande repertorio leggero americano assume l’aspetto di una rilettura “commentata”, di una rielaborazione ricca di chiosature personali. E c’è poi la suggestiva interpretazione dell’arrangiamento di Claus Ogerman su Blue Interlude di Chopin, dove il trio di Angeleri (in questo caso con Marco Serra alla batteria e Andrea Cassaro al basso) interagisce con l’Orchestra d’archi del Civico Istituto Musicale Luigi Costa di Vigevano diretta da Mario Gioventù e la Big Band Jazz Company di Comeglio. – Maurizio Favot – Suono 30/05/2002

Claudio Angeleri protagonista all’Accademia Tadini di Lovere
La storia del jazz in 90 minuti, potrebbe essere il titolo della serata che si è tenuta presso l’Accademia Tadini di Lovere nell’ambito del ciclo di incontri sul Novecento, organizzato dall’Associazioni Amici del Tadini. Nella sala delle conferenze, protagonista il gruppo con Claudio Angeleri al piano, Marco Gotti al sax, Vittorio Marinoni alla batteria, Marco Esposito al basso e la bella voce di Paola Milzani. Partendo dal classico Summertime di Gershwin, Claudio Angeelri ha tenuto una lezione-conferenza-concert, passando attraverso il gospel e spirituals, fino al blues, intercalando parole e musica. Attraversando la musica delle grandi voci (Sinatra, Fitzgerald, Billie Holiday, Nat King Cole, Bessie Smith) e alle grandi orchestre da Ellington a Basie, per approdare al bebop. La musica, dalla costa atlantica, quindi dal musical di Broadway si è spostatasu quella pacifica ed è la volta di Hollywood: è cinema. L’ensemble non si è risparmiato ed il pubblico ha apprezzato la proposta culturale attorno ad un genere musicale che ancora non è riuscito ad entrare, come meriterebbe, nelle sale da concerto, ma ha dimostrato come oggi non esista più distinzione tra musica colta e leggera ma solo tra musica commerciale ed arte. La serata si è conclusa con un omaggio ai Beatles e a Mina. – Adriano Frattini – L’Eco di Bergamo 10/05/2002

Lavoro completo e ben organizzato, From Be to Pops di Claudio Angeleri conferma la versatilità di questo bravo pianista, compositore e arrangiatore.
Un omaggio alla forma canzone, così come al funky e allo swing.
Molte e diverse sono infatti le atmosfere suggerite da Angeleri e dai suoi affiatati compagni: Gabriele Comeglio al sax, Marco Esposito al basso, Vittorio Marinoni alla batteria (già tutti presenti nel precedente Blue Roads – per leggerne la recensione clicca qui) con l’aggiunta della preziosa Paola Milzani.
Preziosa perché inserita in un equilibrato contesta di “convivenza” con tutti gli altri strumenti, e non in un forzato ruolo di prevaricazione.
Piace molto il mood generale di tutto il disco, consentendo un ascolto a più livelli: dal semplice piacere derivante dal ritmo e dai suoni, fino all’attenta analisi della riarmornizzazione di alcuni brani.
La Milzani dà un saggio delle propie dote vocali in “Luna Oops”, originale brano di Angeleri, anche se diamo la palma d’oro al compositore per “La Casa Verde”, veramente interessante e ottimamente costruito.
Traspare in modo quasi “impertinente” il forte affiatamento della sezione ritmica: suono rotondo e corposo per il basso di Esposito, accenti forti e decisi nel drumming di Marinoni.
Comeglio è poi dotato di un gusto eccezionale, senza mai lasciarsi prendere dal divismo del solista, anzi, inserendo alla perfezione fraseggi e voluttuosi riff melodici.
Particolarmente trascinante la rilettura di “God Bless the Child”, in cui viene alternata l’anima grezza del funk allo spirito gentile dello swing (e gustatevi qui ogni singola nota emessa dal sax). Molto particolare la lunga introduzione a “Yesterday”, composizione dalla quale non è facile estrapolare un’originale rivisitazione, vista la caratteristica linea melodica e il concatenamento fra gli accordi … ma Angeleri ci mette del suo!
C’è poi la chicca rappresentata dalla presenza di “Blue Interlude” (con chiara dedica a Bill Evans), brano di Chopin orchestrato da un mostro sacro come Claus Ogerman.
Valutazione: * * * *
Luigi Sidero – All about jazz 24/04/2002

Rassegna Castiglione Jazz
Particolarmente apprezzate sono state le esibizioni del gruppo di Dado Moroni e del progetto From be to pops di Claudio Angeleri…il gruppo di Angeleri si è prodotto in un set frizzante, segnato, inutile dirlo, dal fraseggio torrenziale di Franco Ambrosetti e centrato principalmente su composizioni di questi e del leader di spiccata matrice boppistica. Buono l’interplay e il valore dei solisti. In particolare si sono distinti Gabriele Comeglio e Paola Milzani , che con una voce sottile e duttile ha impreziosito la bella esecuzione di Misty e una complessa suite di Angeleri , Only for you, richiamando da vicino, con i propri vocalizzi, Maria Joao. – Emiliano Neri – Jazzit n. 8 21/04/2002

Il secondo appuntamento della rassegna Rivoltajazz presenta, alla palazzina ex Scuole Medie di Rivolta, l’Orchestra Tascabile Monk Keys del pianista, compositore e arrangiatore bergamasco Claudio Angeleri. Oltre al leader si presentano sul palco Gabriele Comeglio al sax baritono e alto, Giulio Visibelli al sax alto e soprano, Mauro Parodi al trombone, Sergio Orlandi alla tromba, Marco Gotti al sax tenore, Marco Esposito al basso, Stefano Bagnoli alla batteria. Nel ventennale della scomparsa di Thelonious Monk, l’orchestra propone alcune delle sue pagine più belle, con gli arrangiamenti presentati al Festival Jazz di Torino, ospite Gianluigi Trovesi. L’inizio è di quelli che lasciano il segno:”Epistrophy”è un onda d’urto sonora che colpisce per precisione, compattezza e originalità. Il brano successivo, ” Evidence”, permette di penetrare nelle straordinarie intuizioni armoniche e ritmiche del genio americano, mentre una versione per piano-trio di “Pannonica” porta in superficie l’anima più lirica della sua musica, grazie alla sensibilità di Angeleri al pianoforte.Una versione funky di “Well you needn’t” scatena l’ovazione dei numerosi spettatori e in “Ruby my dear” il sax tenore di Gotti rende omaggio ad un certo suono caldo e sensuale dell’epoca. Il brano ” I mean you”, giocato su un tempo veloce, diventa la passerella finale per i musicisti , tutti da menzionare per maestria tecnica e peculiarità della voce strumentale. Magnifico concerto che ha permesso di apprezzare la specificità del progetto Monk Keys : il rispetto filologico delle composizioni di Monk coniugato con la personale sensibilità , originalità di idee ed entusiasmo dei musicisti coinvolti. Una “piccola orchestra” per una grande musica! – Vincenzo Roggero – La Provincia di Cremona – 10/03/2002

Angeleri, da pianista e arrangiatore, è un fine conoscitore di Monk ed il suo progetto parte dal rispetto filologico della partitura per approdare ad una rilettura che consente ai musicisti di esprimere la propria personalità attraverso le invenzioni dell’improvvisazione. A garanzia del progetto, gli studi negli Usa affrontati da Angeleri e i recitals monkiani tenuti a San Francisco, a Berlino ed in Italia. – Torino Sette 07/02/2002

L’Orchestra Tascabile è il primo contributo italiano alla rassegna Linguaggi Jazz che, come di consueto, offre un interessante spaccato sulle tendenze più disparate che il jazz oggi percorre. E’ questo il caso del concerto di stasera che, in nome ad un omaggio a Thelonious Monk a vent’anni della sua scomparsa, col titolo Monk Keys, in anteprima italiana coniuga il lavoro di Angeleri, da sempre appassionato studioso del pianista americano, con la ricerca di Gianluigi Trovesi. – Marco Basso – La Stampa 02/02/2002

Ed è un altro pianista, Claudio Angeleri, il protagonista dell’appuntamento del Piccolo Regio con la sua Orchestra Tascabile, una formazione ben nota a chi ha avuto l’occasione di ascoltare il suo CD Blue Roads e che riunisce un notevole cast di jaamen italiani di grossa caratura a partire da Gianluigi Trovesi e Gabriele Comeglio fino a Sergio Orlandi, Giulio Visibelli…. Con loro Angeleri gioca ogni possibilità offertagli dalla musica composta da Monk che offre spazi indescrivibili per le sue caratteristiche. Questa nuova avventura del brillante pianista bergamasco è un’ulteriore conferma che dalla città orobica , fucina di straordinari talenti, arriva ogni volta una proposta che merita la più attenta considerazione. – Giancarlo Roncaglia – La Repubblica 02/02/2002

Dopo “Blue roads” ecco questo nuovo CD che evidenzia situazioni del tutto diverse dal precedente lavoro a conferma della completa maturità raggiunta da Claudio Angeleri. Il pianista questa volta, accanto a sue composizioni, presenta brani assai celebri : “Yesterday” dei Beatles, “I thought about you”, “God bless the child” e “My favorite things” eseguite da un quintetto comprendente il sassofonista Gabriele Comeglio, il bassista Marco Esposito, il batterista Vittorio Marinoni e la cantante Paola Milzani. Il gruppo evidenzia una notevole compattezza impreziosita da alcune individualità di spicco: in tal senso eccellenti ancora una volta le performances dello stesso Angeleri, pianista dotato di una eccellente tecnica che però viene sempre posta coerentemente al servizio dell’ispirazione e di Gabriele Comeglio musicista a suo agio sia con i classici sia con gli originals mentre la sezione ritmica interpreta con identico gusto ed eleganza sia partiture tradizionalmente swing sia brani dal chiaro sapore “funky”. Ma, al di là dei singoli, è tutto l’impianto del CD a risultare convincente: in altri termini Angeleri ha voluto rendere un sentito omaggio alla grande tradizione rappresentata “dalla canzone e dai suoi mille interpreti” ed in tal senso ha composto i suoi quattro brani presenti nel CD (da ascoltare con attenzione “La casa verde”) ed ha arrangiato le altre già citate composizioni tra cui particolarmente rilevante “My favorite things” in cui Gabriele Comeglio sembra trovarsi particolarmente a suo agio in quelle atmosfere che furono proprie dei gruppi di John Coltrane. – Gerlando Gatto (Blackinradio) 04/01/2002
“From be to pops” della vocalist Paola Milzani ha aperto Bergamo in Jazz 2001
La manifestazione si è aperta sabato 16 Giugno, presentando la formazione “From be to pops”, una libera interpretazioni di brani, eseguiti a cavallo tra il BeBop e il Pop. Questo progetto è stato ideato dalla vocalist bresciana Paola Milzani, che ha collaborato con il quartetto del pianista Claudio Angeleri (Esposito al basso, Comeglio ai sax soprano e contralto, Marinoni alla batteria). Sono state presentate “canzoni da musical”, quelle tanto amate nei teatri di Broadway, noti standards, e celebri canzoni “popolari”.
Vanno notati, sopra tutti gli altri, My Funny Valentine e Yesterday, brani che nascono da due matrici profondamente diverse, ma che sono stati intepretati con uno stile decisamente bop, eppure così vicino al pop, dimostrando come degli ottimi arrangiamenti e un notevole feeling tra i componenti del quintetto, sappiano trasformare ogni brano in un fluire continuo di emozioni che solo la musica (senza distinizioni di genere) può dare.
E bene si è inserito in questo contesto anche lo spiritual Hush, eseguito in duo dall’ispirato bassista Esposito e dalla Milzani: una forma musicale tanto vicina al jazz, quanto vicina al grande pubblico. Il quartetto di Angeleri ha presentato anche un brano di propria composizione, rivelando l’ottimo controllo delle dinamiche da parte di Comeglio al sax (nonostante sia stato penalizzato da una acustica non certo adeguata, soprattutto quando si inseriva con il soprano,) e la grande capacità espressiva di Angeleri al pianoforte. – Paolo Treffiletti 01/07/2001

Blue Roads
Claudio Angeleri & Orchestra Tascabile (CDpM Lion Records – Italia – 2000)
Tutto in nove musicisti, una piccola Orchestra Tascabile, un laboratorio musicale diretto dal pianista e compositore Claudio Angeleri, attraverso strade, Blue Roads (questo è il titolo del disco), in cui il jazz sfreccia ad alte velocità oppure procede lentamente ma con il ritmo giusto.
Le strade, oltre a rappresentare nel nostro immaginario un ideale punto d’incontro fra i pensieri degli esseri umani, sono in effetti (come lo stesso Angeleri spiega nelle note di copertina) un denominatore comune per molti musicisti: “si percorrono chilometri e chilometri, guidando nella notte, nella nebbia, con il sole a picco, in qualsiasi condizione: l’importante è solo arrivare e, dopo il concerto, imboccare la strada del ritorno.” Un’immagine molto suggestiva, con percorsi di vita attraverso sentieri e itinerari sempre colorati di blue.
Un omaggio a Ellington è sempre d’obbligo, e l’esecuzione intimistica in piano solo di “Take the A Train” lascia il segno, come anche molto gradevole risulta essere l’interpretazione di un classico come “Over The Rainbow”, un brano dal sempre difficile approccio per l’infinità di interpretazioni che ha ricevuto e per il rischio di cadere in atmosfere troppo romantiche; Angeleri non perde il buongusto né in questo standard, né in tutti gli altri sei brani (originali) in cui utilizza l’intero organico, mantenendo sempre un perfetto equilibrio nella conduzione delle parti e nella costruzione formale.
Molto interessante, sotto il profilo dell’interplay, è il duetto pianoforte-batteria (“Percosi paralleli”) con Giampiero Prina, e le cadenze di “Tango”, dove parte della sezione fiati fa da controcanto “ritmico” al sax malizioso di Giulio Visibelli, che si muove attraverso citazioni di stili musicali diversi. Angeleri, poi, sa che nel comporre è importante, a volte, trovare una piccola idea tematica con quel quid in più in grado di “trainare” e far sviluppare il pezzo: ne sono esempio l’ostinato discendente dei fiati in “Trane Mambo” o il riff di basso in “Tom’s Tune”, piccole cose che fanno grande un brano.
Un lavoro ben organizzato e strutturato, quindi, frutto di ottimi arrangiamenti studiati con precisione e che non soffocano mai l’estro dei solisti.
Valutazione: * * * *
Luigi Sidero – All about Jazz 01/06/2001

Doppio concerto, Domenica 21 Ottobre, per l’appuntamento con la rassegna Castiglione Jazz 2001, manifestazione che comprende tre diverse serate, ognuna con due formazioni differenti. Un piccolo festival che tuttavia ha proposto grandi artisti di jazz: Dado Moroni, Sandro Gibellini, Javier Girotto, Adrienne West, Mark Turner, tanto per citare alcuni nomi.
Così a metà della kermesse musicale sono di scena due interessanti ensemble: Giacomo Aula (pianoforte) – Jiggs Whigham (trombone)e il progetto From Be to Pops del pianista Claudio Angeleri, dimensioni entrambe decisamente differenti, ma comunque suggestive.

Naturale quindi porre le prestazioni dei due pianisti, Aula e Angeleri, su due piani differenti: il primo è chiamato a svolgere a tutti gli effetti una funzione di “fac totum” oltre che di solista, mentre il secondo guida magistralmente un formazione che sprizza groove da ogni parte.

Angeleri, giustamente, ridimensiona il suo pianismo in una funzionalità di gruppo, in un riuscitissimo feeling da band. La sezione ritmica (con Vittorio Marinoni alla batteria e Marco Esposito al basso) spinge e regala un ritmo da urlo; a questo si aggiungono i prorompenti assoli di Gabriele Comeglio al sax contralto, questa sera in gran forma e veramente formidabile.
Fra l’altro, questi tre musicisti accompagnavano Angeleri anche nel recente lavoro Blue Roads (per leggerne la recensione clicca qui), riuscito esperimento di “orchestra tascabile”.
In alcuni brani la linea principale è affidata alla voce di Paola Milzani, anche se i momenti in cui il gruppo sembra dare il meglio sono quelli strumentali, impreziositi dalla presenza dell’eccezionale tromba di Franco Ambrosetti. – Luigi Sidero, All about jazz 11/01/2001

Claudio Angeleri Orchestra Tascabile – Blue Roads (CDpM Lion 132-2)
Questo lavoro rappresenta la prima incisione per l’Orchestra Tascabile, un medio organico composto da musicisti che da tempo collaborano con il leader (tra i quali spicca il nome di Gabriele Comeglio, vero e proprio alter-ego di Angeleri in numerosi progetti) e contraddistinto da un sound d’insieme piuttosto efficace oltre che da eccellenti sortite solistiche.
Nel contempo questo CD può essere considerato come l’opera più ambiziosa e riuscita del pianista bergamasco, che si fa apprezzare anche in piano solo in due intermezzi improvvisati (Take The A Train e Blue Roads) che equilibrano e variano il clima espressivo dell’opera, insieme all’episodio Percorsi Paralleli, che vede il pianista immerso in un profondo e fluente dialogo con l’ottimo batterista Giampiero Prina.
Vale la pena ricordare che gli esordi di Angeleri sono legati inscindibilmente alla stagione del free jazz, anche se ora, a distanza di anni è certamente la luce di Ellington quella che attira maggiormente il nostro.
Le strade blu dell’Orchestra Tascabile comprendono il solenne incedere di Over The Rainbow e l’informale Tango (con Giulio Visibelli sugli scudi): temi e colori cangianti ispirati dallo scorrere di strade da finestrini, dalla stanchezza del viaggio, dagli agrodolci ritorni… – Fabio Chiarini – Ciaojazz 01/01/2001

Claudio Angeleri Orchestra Tascabile – Blue Roads (CDpM Lion 132-2)
I molteplici aspetti della personalità musicale di Angeleri emergono in maniera sapida ed esaltante in questo disco, innanzitutto grazie alla scelta di affiancare brani incisi con l’ottetto dell’Orchestra Tascabile ad altri per pianoforte solo o, nel caso del rapsodico Percorsi Paralleli in duo con Prina. Tale scelta mette in luce sia la buona pratica compositiva e la facilità di scrittura per medio organico, sia le qualità più squisitamente solistiche del pianista bergamasco, il quale si conferma un jazzista meritevole di grande attenzione in un panorama italiano che, con le dovute eccezioni, corre spesso il rischio di un’eccessiva regionalizzazione.
La scrittura per ottetto appare sempre efficace nei suoi impasti, che valorizzano al meglio le possibilità espressive dei fiati, e nell’esaltazione di figure ritmiche che conferiscono alla musica un drive di tutto rispetto. Lo stesso impiego di trame modali evita sempre accuratamente le cadute nell’ovvio, spesso incombenti.
La padronanza della scrittura consente quindi ad Angeleri di esplorare con ottimi risultati il terreno delle contaminazioni latine (con brani quali Trane Mambo, Tom’s Tune e Tango), quello degli standard (con un lineare arrangiamento di Over the Rainbow), il groove del jazz più canonico (con lo swingante 3224), il notturno medium tempo di A tempo perso o il jazz waltz di Three Trane.
Sul versante pianistico, più che apprezzabile è la lettura intimista, quasi crepuscolare di Take the A Trane, che, a suo modo, trova un seguito nel malinconico Blue Roads.
Notevole è in ogni caso il contributo fornito dai solisti, fra i quali, accanto agli moramai noti e apprezzati Comeglio e Visibelli, si mettono in luce Orlandi e Bombardieri. – Ugo Sbisà – Musica Jazz 01/11/2000

Intervista a Claudio Angeleri a cura di Marco Valente Aprile 2000
IJM: Parlami dei tuoi inizi, di come ti sei avvicinato alla musica, dei primi dischi che hai comprato, del tuo primo strumento… E il tuo primo gruppo? Quanti anni avevi? Fino alle prime esperienze professionali …
Fin dall’età di 7/8 anni mi piaceva la musica di gruppo. La musica come fenomeno individuale non mi interessava ma apprezzavo il fatto di poter stare con gli altri suonando. Per questo motivo la musica classica mi annoiava mentre preferivo le grosse formazioni le orchestre (anche sinfoniche), i gruppi beat, le band jazzistiche…Il primo disco che ho comprato più o meno consapevolmente è stato un LP di Erroll Garner a 12 anni, però contemporaneamente ascoltavo anche Gianni Morandi e i Beatles. Ho formato il primo gruppo a 14 anni alternando la musica di Jimi Hendrix e Santana alle canzonette italiane. Comunque è stato fondamentale il mio maestro di musica alle scuole medie, il prof. Aldo Sala. Aveva suonato con gli americani in Germania e applicava a scuola metodi didattici molto innovativi (metodo Orff, Kodaly ecc.). La prima vera esperienza professionale è stata a 18 anni in un tour come “spalla” a Napoli Centrale. Suonavo musica jazz rock ispirata a Herbie Hancock e affini ma lasciavo sempre spazio alla mia composizione e arrangiamento.

IJM: Raccontami un aneddoto del primo concerto veramente importante che hai tenuto.
Ho suonato a Mantova nel 1974 prima degli Area con un migliaio di persone. Ricordo di aver vomitato prima di salire sul palco ma la voglia di suonare è stata più forte di tutto. Comunque non avrei mai scommesso che, dieci anni dopo avrei suonato e inciso con Ares Tavolazzi. Lo stesso bassista che allora mi appariva come un marziano (pensandoci bene forse Ares è un marziano sul serio, musicalmente parlando).

IJM: Che ne pensi del jazz italiano attuale?
E’ molto vivo e produttivo. Anche se ritengo la scena di qualche anno fa più creativa e interessante. A metà anni ottanta forse il jazz italiano poteva contare su una propria “scuola” originale e innovativa.

IJM: Qual’è stato il primo musicista italiano che più ti ha impressionato per le sue qualità musicali e umane?
Massimo Urbani.

IJM: Indicami due musicisti italiani che, secondo te, sono sottovalutati e due promesse del jazz italiano.
Sottovalutati: Giampiero Prina ed Emilio Soana.
Promesse: Guido Bombardieri e Sergio Orlandi (ma forse Sergio non è una più una promessa ma una splendida realtà).

IJM: Qual’è stato il musicista straniero che più ti ha impressionato per le sue qualità musicali e umane. E con chi vorresti suonare nel prossimo futuro (sogno o realtà)?
Charlie Mariano!!!!!!!!!! Vorrei suonare ancora con …. Charlie Mariano, Bobby Watson, Ornette Coleman, Dave Douglas e John Zorn (mi accorgo che 4 su 5 suonano il sax alto. Ditemi…Sarò grave???).

IJM: Parlami dei tuoi progetti attuali.
Ho registrato un CD con l’Orchestra Tascabile (8 elementi) con mie composizioni arrangiate in modo particolare: strumentazione strana, voicings nuovi, uso melodico dell’armonia … Sto mettendo in scena uno spettacolo di teatro/musica con Oreste Castagna (attore) intitolato New world a comin (dal titolo della celebre composizione di Ellington del 1943 e il progetto Duke Ellington’s sound of love con Charlie Mariano dedicato alla Far Suite di Strayhorn.Prossimamente mi dedicherò alla musica di Ornette, continuando però a scrivere composizioni e arrangiamenti originali.

IJM: Oltre all’attività concertistica sei attivo anche nel campo della didattica jazzistica.
Dal 1987 dirigo il Centro Didattico Produzione Musica di Bergamo e da due anni il corso per Opertaore Musicale dell Regione Lombardia. Il CDpM è una struttura che può contare su un migliaio di iscritti in tutte le attività promosse: Corsi Musicali, Seminari, Sale Prova e Studio di Registrazione. E’ una realtà di cui vado particolarmente orgoglioso perchè all’interno si respira un’aria realmente “culturale”, anche i relatori esterni rimangono sempre molto impressionati dal clima della scuola. Ricordo gli elogi di Peter Erskine, Enrico Pieranunzi, Jaky Byard, Charlie Mariano, Bob Mintzer. Pensa che all’interno della scuola ci sono ben 4 orchestre di diverso livello oltre a decine di small bands.

IJM: E per quanto riguarda la produzione discografica?
L’etichetta CDpM LION è nata sostanzialmente per due motivi. Il primo è legato alla disponibilità dello studio di registrazione e alla bravura di Massimiliano Capellini (il Rudy Van Gelder italiano, come è stato ribattezzato da molti musicisti italiani e stranieri) e il secondo per dare spazio alla autoproduzione dei CD da parte dei musicisti (io per primo).
L’etichetta fornisce esclusivamente un servizio ai musicisti che intendono autoprodurre il loro CD e il cui lavoro rientra nella linea artistica dell’etichetta. I CD prodotti, ma soprattutto i diritti d’autore, rimangono interamente agli autori per 24/24. E’ una linea diversa da altri che, oltre a “vendere” centinaia di CD ai musicisti, pretendono la metà dei diritti senza garantire una adeguata pubblicità. Assurdo!! Naturalmente cerchiamo di “limitare” la produzione ai progetti che ci interessano e la pubblicità è molto “spartana” ma il nostro obiettivo è soprattutto promuovere il jazz italiano. Il vero problema (ma non solo nostro) rimane la distribuzione…
Ora grazie al nostro sito internet a quello di IJM e di altre società internazionali cerchiamo di proporre prezzi competitivi (23.000/25.000) anche perchè a fronte di un costo di 6/8.000 lire di produzione viva del CD non si può giungere ad un prezzo al pubblico di oltre 35.000 lire che è l’importo solitamente applicato nei negozi. Non stupiamoci se i giovani non comprano più CD oppure se dilaga la pirateria.

IJM: Un saluto agli utenti di IJM.
Ascoltate jazz di ogni tipo da James P. Johnson a John Zorn ma fidatevi solo ed esclusivamente delle vostre orecchie. Sostenete sempre IJM. Un abbraccio a tutti.

Marco Valente IJM 01/04/2000

Il gruppo era composto tra gli altri dal pianista Claudio Angeleri, che ha entusiasmato per le doti tecniche unite ad una spiccata sensibilità artistica, Gabriele Comeglio al sax e Sergio Orlandi, autentica rivelazione della serata, alla tromba. – Cristina Lorenzi – La Nazione 26/07/1999

La riuscita del progetto è da attribuirsi in primis ad Angeleri: solista sensibile e ferratissimo, che ha arrangiato il materiale originale; ma sono bravissimi anche i suoi compagni di viaggio, tra i quali spicca Charlie Mariano, Gabriele Comeglio al sax baritono…
Disco encomiabile. – Roberto Parmeggiani – Famiglia Cristiana 02/08/1998

Recensione di Tourist point of view
Non posso che lodare ancora una volta il progetto di Claudio Angeleri che prevede una reinvenzione delle musiche di Strayhorn e Ellington….La qualità della musica è costantemente elevata. Antonio Berini – Ritmo 07/01/1998

Beatniks è frutto di una ben definita progettualità ed è assai ben inciso. La musica scorre fluidamente …confermando la raffinatezza stilistica (eccellenti anche gli episodi solitari) di Claudio Angeleri e le ottime qualità improvvisative di Gabriele Comeglio. – Maurizio Favot – Suono 11/01/1997

La tromba oltre al pianoforte è risultata la vera protagonista del festival….Franco Ambrosetti si è presentato insieme a musicisti agguerriti come Comeglio e Marinoni alla batteria e soprattutto un notevole Claudio Angeleri: pianista in crescita costante. – Franco Galliano – Musica Jazz 09/01/1996

Ci troviamo di fronte ad un disco importante per la caratura elevata dei musicisti che suonano con il pianista bergamasco creativo ed ispirato più che mai… Angeleri: sta diventando uno tra dei migliori pianisti italiani.  Zino Cadini – Ritmo 07/01/1996

Claudio Angeleri – Jazz – vol.2: Storia e stili dell’improvvisazione pianistica
Dal ragtime ai giorni nostri un’eccellente disamina di storia e stili dal jazz pianisstico. Ottimo per chi voglia accostarsi al piano jazz e voglia averne una panoramica esauriente….Per la chiarezza e l’approfondimento della materia, il volume va salutato come un’opera tra le migliori del suo genere. – Riccardo Scivales (Sismografo) 01/01/1996

Here is another fine recording of creative music fromm Italy. Pianist Claudio Angeleri hase choosen to present his music in many different guises: solo, duo, trio and so on. His music is solidly in the mainstream with the compositions and arrangements of Duke Ellington foremost among influences…. The title tune (Pin up) played by piano and rhythm section has more electric-fusion feel in its quick dartin phrases and long spaces. Wehner’s sound is reminescent of J.J. Johnson in that his melodic phrases are long and melodic. He fades quietly into the background as Angeleri enters, with a solo that has winding phrases like those of Chick Corea and Keith Jarrett. – Richard B. Kamins ( Cadence) 02/01/1995

Claudio Angeleri raffinato pianista e compositore… – Giancarlo Roncaglia – La Repubblica 05/10/1994

In primo piano (Pin up Cdpm Lion 101-2)
Con quest’ultima opera discografica il pianista e compositore bergamasco conquista non solo la piena maturitàma si colloca in una posizione abbastanza singolare nel panorama jazzistico italiano. Si muove cioè con il senso della storia di tutto il jazz che lo porta ad operare una ricerca sulle strutture di questa musica….si conferma come uno tra i nostri più completi jazzisti. – Maurizio Franco – Musica Jazz 07/01/1994

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