Premessa

Premessa
Negative harmony, polarity, reciprocal series, axis sono senz’altro i termini musicali del momento. È merito del talentuoso Jacob Collier, giovane vocalist e polistrumentista statunitense, se queste tematiche sono venute alla ribalta in alcune interviste sul web, nelle quali ha trattato in modo semplice e diretto una teoria che viene lontano ed è stata formalizzata dal compositore, pianista e musicologo svizzero Ernst Levy  (1895-1981).

 

Il suo testo, A theory of harmony[1], ha visto ufficialmente la luce solo nel 1985, grazie alla revisione di Siegmund Levarie, collega di Levy all’Università di Chicago per diversi anni, sebbene il libro fosse già presente in forma di manoscritto in lingua francese dal 1940. La seconda guerra mondiale ha interferito con la pubblicazione del testo di Levy ma le sue teorie sono sicuramente circolate tra una ristretta cerchia di studiosi ed amici, come il compositore austriaco Hugo Kauder, e, soprattutto, tra gli studenti dei corsi di Levy nei primi anni cinquanta a Chicago[2] e negli Stati Uniti.

La riflessione di Levy sulla generazione del suono e quindi dell’armonia, si fonda sugli studi di Platone attraverso Zarlino fino a Hugo Riemann[3]. Riprende anche alcune intuizioni di Goethe di cui Levy riporta spesso nel suo libro diversi passaggi. Nessuno comunque prima di Levy aveva approfondito in modo così serio e documentato la ricerca sulla polarità armonica.

Venendo ai giorni nostri è stato il sassofonista e compositore Steve Coleman ad applicare le teorie polari e simmetriche al jazz in modo creativo e nuovo, soprattutto secondo una logica melodica, che si sviluppa in continuità con la lezione di Charlie Parker.

Ma per quale motivo la teoria di Levy ha avuto così tanti apprezzamenti in ambito jazzistico? La risposta va ricercata nel rapporto “aperto” e “laico” che il jazz ha sempre avuto con la tonalità. Un rapporto che non è mai stato abbandonato completamente anche nelle espressioni più d’avanguardia (Ornette Coleman e John Coltrane). È un atteggiamento simile a quello di Levy, che si è sempre dimostrato un sostenitore della tonalità e dell’armonia tradizionale, sebbene rivista in modo innovativo soprattutto, come vedremo nel paragrafo successivo, attraverso la forza generativa della terza maggiore.  Si pensi a questo proposito lo studio di Coltrane sulle progressioni per terze maggiori presente nelle sue composizioni quali Giant Steps.  Le modulazioni vengono appunto dilatate offrendo la sensazione di un tipico andamento “inside-outside” che rimane comunque vincolato ad un ambito tonale.

Si tratta di una concezione meno scientifica e più soggettiva, come dice lo stesso Levy, derivata da un approccio induttivo dell’armonia. In altre parole occorre rischiare in prima persona come avviene in tutte le discipline umanistiche, tra cui la musica.

Le teorie di Levy hanno il pregio di inquadrare diversi aspetti poco chiari della teoria musicale in una dimensione nella quale le modalità maggiori e minori sono equivalenti. Nessuna delle due è subalterna all’altra o inferiore. Sono i colori di una tavolozza musicale a disposizione del compositore. Ciò ha ancor più rilevanza nella composizione istantanea, cioè nell’improvvisazione ed in particolare nel jazz. L’armonia jazzistica ha diversi esempi di in cui si alternano progressioni positive e negative, tuttavia ritengo poco stimolante, applicare le teorie polari per sostituire le progressioni dei comuni standard. Il ragionamento simmetrico può essere al contrario molto utile come stimolo alla composizione originale anteponendo la creatività individuale e i nuovi sentieri che l’esercizio della scrittura può dare alla musica.
[1] Ernst Levy, A Theory of harmony – Edited by Siegmund Levarie – SUNY State University of New York, 1985
[2] Herbie Hancock, con cui Collier ha discusso di Negative Harmony, è nativo proprio di Chicago, 1940 e, anche se non esistono testimonianze dirette, è intrigante pensare che abbia, in qualche modo, recepito parte di quelle teorie nel suo periodo formativo in ambito classico proprio a Chicago.
[3] Karl Wilhem Julius Hugo Riemann (1849-1919) è stato un musicologo e critico musicale tedesco. Tra le opere più famose un dizionario della musica e dei musicisti, un testo sull’armonia e il contrappunto. È noto per aver messo a punto il Tonnetz, una griglia geometrica attraverso cui si possono visualizzare i rapporti intervallari tra i suoni e la costruzione degli accordi.

 

Claudio Angeleri 2017 – All rights reserved, any total or partial reproduction or copying is forbidden

 

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